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29 Mag

Shopping a Cortina

 

L

 

a faccenda della valigia piena di costumi, pareo e abiti senza maniche sembra essere passata in secondo piano.
Nonostante una parte di me desideri complimentarsi con il mio spirito di improvvisazione, l’altra sa bene che si tratta solo di un processo mentale involontario, con cui gestire una priorità assoluta: il chihuahua a pelo corto.
È come se ogni molecola del mio essere cercasse di attirare a sé tutto il self control disponile: l’intenzione è senza dubbio quella di impedirmi di uccidere Michele.
Conta fino a dieci. Conta fino a dieci.
Non arrivo a cinque.
“Puoi dirmi che non è vero?” chiedo speranzosa.
Chiunque tradurrebbe la sua risata fragorosa — unica nel suo genere — come un ‘sì, scherzavo’, ma io so che dice la verità.
“Eva, le metteremo le extension. Vedrai: sarà bellissima.”
Rido o piango?
“Dimmi solo una cosa… Sei diventato matto?”
“L’hai detto tu che è più facile rimediare una Birkin piuttosto che un chihuahua a pelo lungo. Ti ho dato un palliativo, dovresti ringraziarmi.” ribatte divertito.
E il suo approccio alle disgrazie è così comico da convincermi ad accettare la drammatica realtà. O quasi.
“Almeno è bionda?”
“Non lo so. Ma in ogni caso non mi preoccuperei: possiamo sempre ossigenarla.”
Vorrei piangere, ma lui riesce sempre a farmi cambiare idea, finendo per farmi piangere dal ridere.
In fondo, ha ragione: chi se ne importa del colore o della lunghezza del pelo?
Le daremo un nome adorabile e Sofia l’amerà: così com’è. Almeno spero.
“Scommetto che hai una soluzione anche per la valigia…” dico in tono provocatorio.
“Ovvio.”
“Ovvio per te. Hai cambiato programma senza dirmelo e non capisco il motivo.”
“Non lo hai ancora capito?”
Se dovessi attenermi alla domanda, la risposta sarebbe semplicemente no, ma il suo tono di voce non lascia spazio a equivoci: c’è una ragione ben precisa. Perché non riesco a capirla?
“Mi stai dicendo che non è solo uno scherzo di cattivo gusto?”
“Di cattivo gusto? Ti sto portando a Cortina, la Regina delle Dolomiti.” ribatte.
“Appunto, ho solo dei costumi con me. Se mi avessi avvertito, avrei messo in valigia qualcosa di adatto, e invece non lo hai fatto.”
Ancora quel silenzio, quel silenzio che mi uccide. Lo guardo, e anche se lui non può fare lo stesso, so che si è accorto che pendo dalle sue labbra.
“Dimmi perché? Dimmelo e basta.” chiedo esasperata.
“Il tuo look è completamente da rivedere.”
È un modo carino di dire che il mio look fa schifo. E francamente, non me ne capacito: ha sempre adorato il mio stile, ora cos’ha di sbagliato?
“Da quando?” chiedo basita.
“Da quando hai deciso di sacrificare il tuo corpo dentro quegli abiti che non ti rendono giustizia, adeguando il tuo stile a quello anonimo delle mamme che frequenti.”
E lui come lo sa? Non mi vede mai.
“Questo non è vero.” dico contrariata.
“No? Sei proprio sicura?”
La sua domanda mi spiazza. E forse anche la sua analisi precisa. Forse ha ragione, ho cambiato il mio modo di vestire, ma solo per esigenze di copione.
Sono una mamma, cosa pretende? Che metta abiti succinti e tacchi alti tutti giorni?
“Mi vesto in modo pratico, tutte le mamme lo fanno e non ci trovo niente di male.”
“Eva, tu non sei come le altre.”
“Vorrei prenderlo come un complimento, ma allora, come mai le altre hanno ancora un marito e io no?”
La sua espressione insoddisfatta mi ricorda quella di Miranda Priestley nel Diavolo veste Prada: ‘è tutto’. E forse nemmeno lui ha bisogno di aggiungere altro, ma io sì: voglio sentirglielo dire.
“Stai dicendo che il mio essere mamma ha ucciso il mio charme? Forza, siamo amici, devi dirmelo.”
“Il tuo charme non è morto, è solo in coma, e ora dobbiamo risvegliarlo.”
“E avresti organizzato questo viaggio a sorpresa, solo per cambiare il mio guardaroba?”
“Solo? Io rivoglio la donna sorridente, spiritosa e sensuale che conoscevo una volta. E per riaverla, serve solo po’ di shopping azzeccato. Fidati di me.” conclude, stringendomi la mano.
Michele ha la capacità di ridurre i problemi ai minimi termini. Non credo che abbia capito come mi senta, e dubito che dei vestiti nuovi possano restituirmi il sorriso, tantomeno mio marito, ma il mio precisarlo ucciderebbe la voglia di reagire che sta disperatamente cercando di trasmettermi.
“Mi fido di te.” dico sorridendo.

Michele ha prenotato all’ Hotel De La Post, uno dei più famosi di Cortina, ed è in pieno centro. La nostra stanza si affaccia su Corso Italia, dove è stata allestita una serie di alberi di Natale: domani saranno venduti con un’asta di beneficenza.
Ho anche pensato di accaparrarmene uno, ma per la cronaca, suonerebbe strano tornare da un viaggio a Miami con un abete a forma di vestitino.
Abbandono l’idea, infilo la giacca ed esco con Michele.
La prima tappa obbligata sembra essere quella dello shopping: lo shopping che mi salverà la vita, a quanto pare.
Non ne sono sicura, ma ogni donna vorrebbe essere al mio posto.
E mentre immagino una passeggiata tranquilla per il centro, mano nella mano, Michi mi afferra per un braccio e mi conduce, senza esitare, nel negozio che sta proprio dietro l’albergo: Franz Kraler, il più bello della città.
Il soffitto è ricoperto di luci al neon, i ripiani in vetro, su cui sono esposti gli accessori, riflettono la luce: tutto sembra scintillare e basta dare un’occhiata ai capi appesi, per capire che il mio potere di acquisto è decisamente più basso. Devo dirlo a Michele.
Lo raggiungo al reparto calzature, dove lo vedo discutere con una commessa.
Tra le mani, ha una Pigalle di Louboutin ricoperta di Swarovski: dubito che siano per lui, e dubito anche che siano per me, quelle scarpe costano una follia.
Mi avvicino e mi presenta.
Siamo dentro da dieci minuti e si atteggia come se fosse uno di casa.
“Che numero porti?” mi chiede lei.
“38.” rispondo con un filo di imbarazzo.
La commessa sorride, si allontana e ci lascia soli.
“Non crederai davvero che possa permettermi una scarpa come quella?” bisbiglio.
“Eva: tuo marito è un calciatore di serie A…”
“Il mio ex marito è un calciatore di serie A.” lo interrompo, puntualizzando.
“Le pratiche non sono ancora arrivate in tribunale, sulla carta è ancora tuo marito.”
“Ma…”
“E vorrei ricordarti che ha appena arredato il suo nuovo nido d’amore, dove abiterà con una donna con cui ti ha tradito per un anno. Quindi, per rispondere alla tua domanda: certo che puoi permetterti una scarpa come quella.”
Non solo è riuscito a strapparmi un sorriso, è addirittura un sorriso diabolico. In effetti, provo uno strano senso di piacere a immaginare la faccia di Davide di fronte all’estratto conto della banca.
“Vieni a vedere questo vestito.” dico eccitata.
Ma prima che possa condurlo al reparto ‘abiti da mille e una notte’, un piccolo chihuahua biondo a pelo lungo si ferma proprio davanti a me.
È un dono del cielo.
“Michi! Guarda!” dico eccitata, “Forse qualcuno lo ha abbandonato, avrà fame, freddo, non possiamo lasciarlo qui.”
Michele ha una faccia traducibile in: sei scema? Ma esce con un battuta migliore:
“Certo, Cortina è piena di chihuahua randagi a pelo lungo, non lo sapevi?”
“Smettila di prendermi in giro! Non vedi che non ha il collare?”
“Non ha il collare perché è il cane della signora Kraler: lo sanno tutti.” dice in tono autorevole.
Tutti. Io non lo sapevo.
“Potrebbe vendercelo!” suggerisco entusiasta.
“Lo hai visto bene?” mi chiede basito.
“Sì, è un chihuahua biondo e a pelo lungo: come quello che desidera Sofia.”
“Eva: è decrepito. È pure senza denti.”
L’euforia deve avermi offuscato la vista.
“Sofia non se ne accorgerà.” dico mentre mi chino per accarezzarlo.
E mentre immagino di nasconderlo nella borsa, una signora elegante, vestita di bianco lo chiama per nome:
“Arturo: vieni dalla mamma…”
Il chihuahua si libera dal mio abbraccio e corre da lei, lasciandomi sola.
Michele trattiene a stento una risata, ma si è accorto della mia espressione delusa.
“Forse non può venderti suo figlio, ma tutto il resto sì, cosa aspetti?”
In effetti, è tutta colpa della Lego Friends, se mi trovo in questa assurda situazione canina, e comincio a pensare che Michi abbia ragione: un po’ di shopping spudorato mi farà sentire meglio.

Dopo due ore nel paradiso del lusso, usciamo con quattro borse grandi.
Al loro interno, in ordine di acquisto:

1 Mini abito di Missoni a fantasia
1 Gonna di Stella Jean in stile etnico
1 Top di pizzo nero by Dolce & Gabbana
1 Trapeze in pelle/camoscio di Celine
1 Paio di JBrand a zampa
1 Eco pelliccia multicolor di Marni
1 blazer nero di Givenchy,
1 Camicia in jeans di Dsquared
1 maglione con inserti in check di Burberry
1 Scarponcino Timberland
1 Cappellino in lana di Moncler
1 Moncler color perla
1 Pigalle di Louboutin — senza Swarovski

Ho fatto tredici: in tutti i sensi.
Non è educato dichiarare quanto si è speso durante un pomeriggio di shopping sfrenato e curativo. E non è nemmeno carino chiederlo, ma quando Davide lo scoprirà, gli verrà un accidente. Così impara.
A volte mi sbaglio: apparecchio ancora per tre. E non credo sia solo la forza dell’abitudine, ma la sensazione di vivere ancora con lui.
Invece è andato via. Non ci ha pensato due volte. Dopo quella sera, di ‘noi’ non si è più parlato. Non ha mai tentato di farmi capire il motivo. E io mi sono fatta bastare la frase più stupida del mondo: sono innamorato di un’altra.
Avrei dovuto metterlo alle corde e picchiare duro. Ne sarebbe uscito, solo dopo aver sputato la verità.
Andrea non è la causa della fine del mio matrimonio, è solo uno degli effetti.
E anche se non posso fare a meno di odiarlo, una parte di me sa bene che anche io sono responsabile quanto lui.
Ma non riesco a perdonarmi senza un perché. Fare la guerra per fare la pace. E io non l’avrò, fino a che non mi darà le spiegazioni che merito.
Detto questo, credo che diciotto mila euro di shopping difficilmente passeranno inosservati. Anche la signora Kraler non si scorderà di me.
Lei e Michele hanno stravolto il mio modo di vestire. E una donna che contribuisce alla rinascita di un’altra donna, merita un regalo. Credo proprio che domani andrò all’asta di beneficenza, per aggiudicarmi l’albero di Natale a forma di vestitino. Poi, lo farò recapitare al suo negozio con un biglietto: Buon Natale Arturo.
Lei mi amerà per sempre e Sofia avrà il suo ‘chihuahua di scorta’.
Quanto posso spendere?
Qualunque cifra.
E con l’ennesimo sorrisetto diabolico, il mio pensiero si conclude, e sono davanti alla porta della stanza.
Michele la apre, entra, appoggia le borse e si allunga per liberarmi dalle mie, lasciandomi entrare.
Sembra un gesto galante, ma vuole solo evitarmi di rimanere incastrata: le porte sono sempre troppo strette, dopo pomeriggi come questo.
Faccio un passo avanti e vedo le borse sul tappeto: tutte e quattro in fila, che soddisfazione.
Fuori è quasi buio, il cielo è rosa e le luci natalizie infondono un senso di pace.
Il mio è più un raptus di felicità.
Mi volto verso Michele e lo abbraccio.
“Grazie amore mio, ti voglio bene.”
“Forza! corri a prepararti: abbiamo un appuntamento.” dice, mentre mi dà una pacca sul sedere.
Non mi avrà organizzato un appuntamento al buio come si fa con le zitelle, spero.
“E con chi?” chiedo quasi terrorizzata.
“Una cosa a tre.”
Anche lui? E che cavolo!
“Con chi?” ripeto nervosa.
“Ah, quante storie! Fila sotto la doccia o faremo tardi.”

QUATTORDICESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova