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1 Ott

La sorpresa della festa

enrica alessi not for fashion victim
enrica alessi not for fashion victim
 
M
i dirigo verso la macchina e mi sento osservata: mia madre ci sta guardando dalla finestra. Luca non si è accorto di lei, ma si accorge di me, mentre le faccio segno di scansarsi dal vetro. Sorrido nervosamente fingendo di sistemarmi la giacca, ma il suo sguardo divertito lascia intendere che abbia capito la dinamica della scena a cui ha appena assistito.
Se non altro, la sua discrezione mi solleva dall’imbarazzo. Lo guardo: a volte stento a credere che abbia scelto proprio me.
Ma mentre mi convinco di essere speciale e di meritarlo,  mi sovviene di aver dimenticato la Punto parcheggiata in cortile — presumibilmente a causa del colore discutibile — e i suoi sedili posteriori, su cui giace il pacco regalo. Non solo ho dimenticato il giorno del suo compleanno, ma pure il regalo: sono imperdonabile.
“Aspetta.” dico tornando sui miei passi prendendolo per mano. “Vieni con me.”
Mi volto e mia madre ha ancora il naso spiaccicato sul vetro, mi sembra pure di intravedere l’alone del suo fiato: da quanto tempo è in quella posizione?
Mi inquieta, ma faccio finta di niente, non voglio che Luca la veda. Recupero le chiavi nella borsa, e con la stessa fierezza con cui si aprirebbe una Ferrari, spingo il pulsante del telecomando. Afferro la maniglia e dico: “buon compleanno!”
Non sembra felice, eccitato o riconoscente come mi sarei aspettata, sembra deluso: credo non abbia capito che il regalo non è la macchina, ma è dentro la macchina. Sarò più chiara.
“Amore… ti conosco: so che l’amaranto non è un colore per tutti, ed ecco perché ho scelto qualcosa di diverso.”
Apro la portiera, gli indico il pacco che lo sta aspettando e mi avvicino al suo orecchio bisbigliando: “spero che ti piaccia…”
Luca infila la testa nell’abitacolo e sorride: il merito è sicuramente del fiocco rosso.
“E se vuoi scoprire cos’è, dovrai aiutarmi a scaricarlo.” aggiungo.
Luca se ne frega di Marta e del suo fiato sul vetro: mi stringe e mi bacia.
Quando riapro gli occhi, mia madre non è più alla finestra: lo traduco come un segno di rispetto nei confronti della mia intimità. Mi verrebbe da ringraziarla.
“Posso?” mi chiede Luca allungandosi verso il pacco.
“Devi.”
Lo carica in macchina, apre la portiera per farmi salire, la richiude con garbo e si mette alla guida.
Il luogo misterioso viene svelato strada facendo e dieci minuti più tardi, siamo di fronte all’insegna luminosa di Toe’s.
Sarò stata prevedibile? Può darsi, ma volevo andare a colpo sicuro e anche lui sembra gradirlo.
Sto per scendere, quando il mio buon senso mi ricorda di fare un piccolo accenno al pacco che ho intenzione di lasciare dove sta.
“Possiamo lasciare il regalo in macchina? Vorrei che lo aprissi più tardi…”
Comodamente — in mutande — a casa tua, davanti al camino acceso… No, questo non posso dirlo.
“… quando saremo da soli… a casa tua.”
Il mio sguardo ammaliatore suggerisce le mie intenzioni: lui coglie.
“Sono sempre più curioso…”
Mi dà un bacio e scende dall’auto.
Ci incamminiamo lungo il cortile di ghiaia che conduce all’ingresso, le suole delle décolleté scricchiolano e seppure il rumore mi piaccia, è difficile mantenermi stabile sui tacchi che mi sorreggono. Cerco di non perdere l’equilibrio. Raduno un po’ di compostezza e raggiungo il braccio di Luca, trasformando un disperato bisogno di aiuto in una presa dolce e romantica alla Steve La Chance.
Lui mi guarda: è bellissimo. L’emozione che sento vibrarmi nel petto, si trasferisce sull’intensità della stretta con cui la mia mano abbraccia il suo bicipite poderoso. Lui sembra cogliere anche questo: mi accarezza il viso.
Tra noi c’è qualcosa di magico. E stranamente, quando ciò che stai vivendo hai il suono della melodia perfetta, hai paura che qualcosa possa distorcerla.
Una nota sbagliata, un regalo sbagliato.
E se la chitarra non gli piacesse? Se lo turbasse a tal punto da spingerlo a gettarla tra le fiamme del camino?
Impossibile. Io lo conosco e sono certa che amerà quella chitarra.
Luca apre la porta, mi invita a entrare, quando sento suonare il telefono: Cassandra. Proprio adesso?
Avrà visto la mia chiamata, quella che avevo fatto per chiederle in prestito la camicia Black & Gold, ma non è questo il momento di confessare che ho già preso ciò che mi serviva — senza il suo permesso. Non la prenderebbe benissimo.
“Vuoi rispondere?” mi chiede Luca.
“No, non è niente di importante…”
Oltrepasso la porta e lo raggiungo.
Il telefono smette di squillare un secondo più tardi. Se Cassandra non insiste, significa davvero che non è importante: mi sento sollevata.
Stefano viene verso di noi, ci saluta ci invita a seguirlo. Attraversiamo il ristorante, gran parte dei tavoli è occupata, e nonostante le luci soffuse e il sound azzeccato producano un’atmosfera intima, sono felice di avere una saletta tutta per noi.
Il tavolo è ricoperto di petali di rosa, Luca mi sorride. Credo stia pensando che è stata una mia idea, anche se non è così, ma perché precisarlo? Ricambio il sorrido e mi siedo sulla poltrona che Stefano si è gentilmente offerto di allontanare dal tavolo per farmi accomodare.
“Vi portò subito i menù.”
Si allontana, Luca si siede e finalmente siamo soli, uno di fronte all’altra, manca solo un camino.
Cerco di intavolare un discorso sforzandomi di non pensare a lui che canta nudo per me, e lui si mette a parlare di mia madre. Uno tsunami si è appena abbattuto sui miei spiriti bollenti — spegnendoli per sempre.
“Mi piace Marta, è simpatica.”
Chi? La spiona?
“Grazie…”
“Le assomigli.”
Su quella felice constatazione, Stefano ci interrompe per versarci da bere. Ed ecco che l’argomento ‘Marta’ passa velocemente in secondo piano, a rimpiazzarlo è l’indecisione di Luca riguardo la scelta del vino.
“Carne o pesce?” mi chiede.
Dio com’è sexy.
Antipasto, secondo, torta di compleanno.
Soffia sulla candelina e mi chiedo se il desiderio che ha appena espresso riguardi anche me: da come mi osserva direi di sì. Ma quando arriva il caffè, che chiude il primo atto della serata, inizio ad agitarmi. Il dubbio che la chitarra possa finire al rogo torna a farsi vivo.
“Vogliamo andare?” mi chiede.
“Andiamo.”
Appoggio il tovagliolo vicino alla tazzina, mi alzo, quando il suo telefono, che è rimasto sul tavolo, si mette a vibrare.
I miei occhi si fiondano sul display in modo quasi involontario, leggo il nome: Roberta. Non conosco nessuna Roberta.
Luca lo afferra imbarazzato.
“Rispondi se vuoi.” mormoro.
“È una delle ragazze del mio gruppo di Milano, vorrà farmi gli auguri…”
“Devi rispondere!” lo sprono.
Mi allontano di un paio di passi, l’ultima cosa che desidero è dare l’idea della fidanzata gelosa e diffidente, ma lui fa scivolare il telefono in tasca, mi raggiunge e dice: “ora sono con te. La richiamo domani.”
Il tempo risparmiato in quella telefonata è stato investito in maniera decisamente più costruttiva: Luca ha finalmente scoperto cosa c’era in quella scatola, io invece, ho scoperto che strimpellare è come andare in bicicletta: non si dimentica, e lui strimpella divinamente. L’idea di performance — canora e non — che avevo immaginato non ha deluso le mie aspettative.
A svegliarmi, davanti alla cenere del camino, come Cenerentola, è la luce che entra dalla vetrata. Ma il mio principe non è rimasto al castello insieme alla scarpetta, sta dormendo al mio fianco: a me è andata meglio.
“Buongiorno.” bisbiglia.
“Buongiorno…”
“Vado a prepararti la colazione.”
Mi bacia e sguscia via.
“Vengo con te.” dico alzandomi.
Sono nuda. Lo realizzo mentre l’istinto mi suggerisce di coprirmi. Laggiù vedo i miei jeans, la camicia Black and Gold di Cassandra, ma il resto? E non mi riferisco alle mutande che ho appena trovato qui sotto, ma alle scarpe. Dove sono le mie décolleté preferite? Devo trovarle.
Afferro la coperta, la avvolgo sotto le spalle e raggiungo Luca in cucina.
Eccole: sono sotto il tavolo. Arrossisco ripensando a come tutto è cominciato.
Mi abbasso per afferrarle, quando suonano alla porta. Il trillo che mi coglie di sorpresa mi fa sbattere la testa contro il piano. Dio che dolore! Chi può essere a quest’ora?
“Tutto bene?” mi chiede Luca chinandosi.
“Insomma… ma chi è?”
“Deve essere il potatore, aspetta, gli dico da dove cominciare.”
Mi strizza l’occhio e corre verso la porta.
Mi rialzo, mi sfioro il bernoccolo che è appena spuntato e sistemo la coperta, quasi a volermi ricomporre, anche se da qui non può vedermi nessuno.
“Amore mio…”
È la voce di una donna ed è inconfondibile.
“Sono appena tornata da Parigi e mi sono precipitata qui per farti gli auguri… dammi un bacio!”
Mi affaccio alla porta della cucina per accertarmi che i miei presentimenti siano fondati e la vedo.
Di fronte alla scena affettuosa di una madre che abbraccia un figlio verrebbe da commuoversi, io impallidisco. Jafar sta guardando i jeans e la camicia sul pavimento.
Confesso che In momenti come questo, non mi dispiacerebbe se Luca avesse un’amante: i vestiti non sarebbero i miei.
Mi nascondo dietro lo stipite, ma so che non servirà. Mila mi scoprirà e mi vedrà nella versione: ‘Sotto la coperta niente’.
Dove posso nascondermi?
SESSANTESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova