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7 Apr

Maestro d’amore

l'amore ai tempi supplementari

l'amore ai tempi supplementari

 

 

 

 

I

l mio primo look da notte dovrà aspettare: la foga del momento non mi ha nemmeno lasciato il tempo di metterlo. E dire che avevo puntato tutto sulla seduzione estrema di Victoria’s Secret, invece non ne ho avuto bisogno. Ma ora, dopo aver consumato il sesso magnifico che ha sostituito l’aperitivo, confesso che mi servirebbe qualcosa di alcolico per mettere in fila tutto ciò che Paolo dovrebbe sapere.
È sotto la doccia, ho meno di cinque minuti per decidere tempestivamente quale notizia fare uscire per prima, e siccome all’appuntamento ne mancano appena cinquanta, suppongo di dover tralasciare l’albero genealogico per dare la precedenza alla serata.
Devo elaborare una realtà plausibile che sostituisca la verità o mi accuserà di favoreggiamento in una tresca amorosa, non potrei biasimarlo.
Paolo esce dalla doccia in una nuvola di vapore di acqueo, quando si dissolve, sono io ad avere le vampate. Vorrei fingere di sentirmi male, chiamare Olivia, disdire la cena e passare tutta la notte qui con lui e con Victoria’s Secret, ma il pensiero che i miei desideri sessuali potrebbero causare la fine di un matrimonio, me lo impedisce. Prendo coraggio e nel mio accappatoio di quattro taglie più grandi, inizio a parlare.
“Tesoro, c’è una cosa che devo dirti.”
In realtà anche più di una.
“A proposito di stasera, vedi: Olivia ha assunto un nuovo ragazzo, lavora al reparto pelletteria e siccome dobbiamo discutere con lui di alcune questioni che riguardano la mia collezione, mi ha praticamente imposto di aggiungersi a cena.” Lo dico d’un fiato, avida di scoprire la sua reazione.
Paolo si volta verso di me, sorride. “Non conosco Olivia, ma ne parli spesso, okay… va bene, così me la presenti.”
Nessuna riluttanza, nessun malcontento, piena comprensione. Quest’uomo è un angelo e io lo sto ingannando: mi sento un mostro. Ma ora non c’è tempo per i sensi di colpa, corro a prepararmi.

Il primo look da sera prevedeva:
Abito giallo limone con inserti scintillanti color argento Rotate + cintura a vita alta in vernice Chanel + calza a rete nera + stivaletto vinile/pizzo Jimmy Choo + borsa in matelasse metallica argento Bruzziches + Cappotto lungo nero Albino.

L’amore per ciò che ho messo insieme si mescola allo sgomento di doverlo risparmiare: non posso scintillare davanti a Toyboy, mi serve una mise più professionale. Devo sacrificare il look da giorno di domani, poi si vedrà.

È stata mia l’idea di passare a prendere Olivia, era l’unico modo per assicurarmi la presa e lo scarico, ma ora che io e Paolo siamo sotto casa sua, sto pregando che Mitch non ci chieda di entrare.
Il bacio che si scambiano sulla porta mi fa capire che non succederà, eppure mi sento colpevole e, come se non bastasse, Mitch mi vede e alza la mano per salutarmi. Mi affretto ad abbassare il finestrino per ricambiare, ma mi accorgo in fretta che la mia gentilezza è stata un azzardo.
“Volete entrare ragazzi?” ci chiede.
Olivia mi fulmina con lo sguardo.
“Siamo in ritardo, magari domani…” dico nervosa.
Ora è Paolo che mi fissa minaccioso.
“Era per dire…” sussurro.
Olivia ci raggiunge e sale in macchina.
Paolo mette in moto e parte.
Prima che sia troppo tardi, devo informare Olivia della ‘realtà plausibile’ che mi sono inventata ed evitare malintesi.
“Paolo, lei è Olivia, Olivia, lui è Paolo. Stasera ci onora della sua presenza a questa noiosa cena di lavoro in cui definiremo i dettagli della mia collezione.”
Lo dico voltandomi, annuendo e guardandola negli occhi, mi è pure venuto un attacco di mal d’auto, ma lei non sembra intendere che questa è la versione da tenere, pensa ad altro.
“Paolo! Non sai da quanto desideravo conoscerti.”
“Anche io. Eva mi parla spesso di te.”
“Oh, che carina.” mormora.
Mi sta accarezzando la nuca come si fa con un cane: mi sento a disagio.
“Mi dispiace averti coinvolto in questa storia…” aggiunge.
Paolo corruga la fronte.
“Olivia voleva dire che le dispiace trascinarti nelle nostre questioni di lavoro, ma siccome posso trattenermi in azienda solo per poco, non possiamo sprecare tempo utile.” concludo incalzante.
“Non preoccuparti, mi divertirò ad ascoltarvi.”
“Tu di cosa occupi?” gli chiede Olivia.
“Sono un agente immobiliare.”
“Perché non le proponi una casa in Versilia per l’estate?” suggerisco prontamente. “Forte dei Marmi è una destinazione perfetta per le famiglie.”
Può sembrare un colpo basso, invece voglio ribadirle ciò che rischia di perdere.
“Certo, potremmo…” Fa una pausa, un sospiro e aggiunge: Javier è già arrivato al ristorante.”
È come se la casa che avevo immaginato per lei e la famiglia fosse appena crollata.

Arriviamo nel parcheggio, Olivia ne approfitta per spruzzarsi dell’altro profumo. Guardo Paolo con imbarazzo: per quanto tempo continuerà a credere a questa farsa? Perché il mio capo è pazzo e io sono ancora più pazza da seguirla nelle sue pazzie? Forse siamo veramente pazze. È la mia ultima considerazione a farmi scendere dall’auto per raggiungere l’ingresso del ristorante. Paolo mi tiene per mano. Ad attenderci, Don Juan De Marco maestro d’amore: stavolta sarò io a dargli una lezione.
Olivia entra per prima, noi la seguiamo a ruota. C’è una deliziosa ragazza ad accoglierci all’ingresso, ci chiede se vogliamo consegnarle i cappotti e mentre Paolo mi aiuta a togliere il mio, mi accorgo di ciò che sta sotto a quello di Olivia.
Definirei eccessivamente provocante la sua mise. Un abito succinto in jeans e pizzo nero che esalta il suo fisico invidiabile. Non si è nemmeno risparmiata il tacco dodici: è un po’ troppo mozzafiato per una cena di lavoro. Fortuna che c’è il mio completo in giacca e pantaloni blu.
Se Olivia avesse conosciuto mia nonna, le avrebbe spiegato in modo semplice un principio della fisica applicabile nella sua situazione: vicino al fuoco, la paglia brucia.
Dopo le dovute presentazioni, il maître ci assegna il tavolo. Paolo prende posto vicino a me mandando all’aria il piano che mi ero fatta per mantenere distanti quei due. Javier ne approfitta e si siede accanto a Olivia, di fronte a Paolo e lontano da me: peggio non poteva andare.
Il cameriere ci versa dell’acqua e ci consegna i menù. Apro il mio, ma mi è passato l’appetito, Paolo invece lo guarda famelico.
“Tu cosa prendi?” mi chiede.
“Vediamo… l’uovo pochè in crosta e l’insalata di spinaci freschi.”
“Ho capito: tocca a me dare soddisfazione allo chef.”
I suoi occhi tornano sul menu, i miei non smettono di fissare Olivia che non riesco a tenere a bada. Cosa gli sta sussurrando all’orecchio? Non lo so, ma lui sorride malizioso.
Il cameriere giunge al tavolo chiedendoci se abbiamo scelto e dopo l’interruzione necessaria che ci consentirà di mangiare, Olivia si pronuncia. “Javier, devi assolutamente vedere la collezione di Eva.”
Il suo improvviso approccio professionale mi colpisce. Forse, inizia a ragionare.
“Un’edizione limitata di sneakers che scommetto andrà a ruba.” aggiunge.
Paolo mi guarda rapito. Anche Javier è colpito. Arrossisco di fronte ai loro sguardi, rendendomi conto di come le cose, per esigenza, cambino in fretta. Oggi sarei finita sulla forca piuttosto che discutere del mio progetto con Javier, ora invece posso aggrapparmi solo a questo.
“Io e Olivia abbiamo pensato di farle uscire per la primavera estate, ma dobbiamo decidere quali modelli realizzare, le tempistiche…” intervengo.
“I materiali.” dice lei svenevole.
Non può costringermi a lavorare con lui e non può mettermi nella condizione di farlo.
“Per quanto riguarda i materiali, ecco, dai miei disegni ti sarai accorta dell’innumerevole quantità di colori che ho utilizzato e sono convinta che se lavorassimo le scarpe con materiali meno costosi, come il canvas e il denim — e aggiungessimo qualche inserto di spugna — l’accessorio finale avrebbe un aspetto giovane e un prezzo competitivo.”
Gli occhi di Paolo dicono WOW, quelli di Javier mi guardano in cagnesco.
“Se posso dire la mia,” interviene con aria saccente “un accessorio in pelle ha un appeal più accattivante.”
“Non stiamo parlando di un mocassino.”
preciso contrariata.
Olivia assiste al nostro scambio senza capire per chi tifare; mi guarda confusa. “Paolo, che ne pensi?” gli chiede.
“Non sono un esperto di moda, ma dal punto di vista commerciale, l’idea di Eva è vincente. Con tutto il rispetto per l’appeal dell’accessorio in pelle.” conclude sorridendo.
“Sono d’accordo con te. Fatemi scegliere i modelli e vediamo come realizzarli cercando di conciliare le vostre interpretazioni stilistiche.”
Non gli affiderò mai una delle mie creature.
Vediamo piuttosto come se la cava con le domande di cultura che gli ho preparato: se davvero ha lavorato da Gucci e Valentino, non avrà certo difficoltà a rispondere.
“Sono rimasta impressionata dal tuo curriculum.” dico incalzante. “Hai lavorato da Prada, Gucci, Valentino…”
Lui annuisce soddisfatto.
“Hai mai avuto l’occasione di conoscere Giammetti?” chiedo
“Di nome?”
Sta scherzando?
“Giancarlo.”
Giancarlo Giammetti: ti dice niente, pezzo di ignorante?
“No, nel mio reparto non c’era nessun Giancarlo.”
Sono indignata: non merita la mia presenza a tavola, vorrei alzarmi.
“E da Gucci? Raccontami… eri più della scuola di Tom o di Frida?”
“Ho lavorato con Alessandro Michele.”
Quelli sono roba vecchia.”
Roba vecchia? Ha definito Tom Ford roba vecchia? E Olivia non gli ha nemmeno rotto il naso. Come fa a non capire che quello che le siede accanto è un cretino?
Vorrei ricordare al signorino che Tom Ford non è stato solo uno stilista, ma un uomo d’affari. Ha reinventato un marchio affermato che era in declino e se lui non ci fosse stato, Alessandro Michele chissà dove sarebbe.
Il cibo che ci viene servito un secondo più tardi placa la mia ira e l’intervento di Paolo riguardo la situazione immobiliare del momento, seppure tragica, mi concede un po’ di sollievo durante la cena.
Al momento del dolce, Javier solleva gli occhi dal menu e mi guarda divertito.
“Ho visto la tua pantofola, complimenti…”
È serio o mi prende in giro? Sarò anche prevenuta, ma ho il sentore che stia bullizzando le mie pantofole.
“Eva l’ha disegnata un po’ di tempo fa, ma è stato uno dei nostri accessori più venduti.” aggiunge Olivia.
“Poi?”chiede lui.
Poi cosa?
“Hai disegnato altro? Oltre le sneakers…”
Stai insinuando che nel frattempo non ho fatto altro? È questo che sta cercando di dire? Vuole sminuirmi?
“Io prendo una zuppa inglese.” dice Javier al cameriere che nel frattempo si è palesato al nostro tavolo.
Vorrei che ci si strozzasse.
“Io il mascarpone, grazie.” aggiunge Paolo.
“Tu cosa prendi?” mi chiede Olivia indecisa.
“Io prendo solo un caffè. E del latte freddo a parte, se possibile.”
In questo momento, ho voglia di tutto fuorché di dolcezza.
Il cameriere, che si allontana dopo un inchino, mi suggerisce di usare un minimo di cortesia e di considerare l’ipotesi che potrei aver capito male.
“Stavamo dicendo? Ah sì, mi hai chiesto se ho disegnato altro?” dico incalzante.
“Sì esatto, quanti anni sono passati?”
La sua aria da impertinente mi irrita. Anche Paolo è infastidito dai suoi modi.
“Cinque?” suggerisce Olivia.
Sette.
“Non hai disegnato altro da allora?”
Il mio capo mi guarda con l’espressione dispiaciuta di chi comprende il mio imbarazzo. Vorrebbe smorzare una conversazione che può espormi emotivamente, ma seppure percepisca le sue buone intenzioni, i miei occhi la dissuadono. Nessuno meglio di me può chiarire a questo sbruffone chi sono.
“Nel frattempo ho avuto Sofia. Ha sette anni.”
“Compimenti.”
Se dice un’altra volta complimenti, giuro che lo affogo nella zuppa inglese.
“Dopo essermi sposata — non con Paolo — preciso accarezzandogli la spalla “ho deciso di lasciare il mio lavoro per dedicarmi alla famiglia, ma non è stato molto saggio: stiamo divorziando.”
La spontaneità dignitosa con cui pronuncio quelle parole meriterebbe un applauso. Paolo, che tiene la mia mano sotto il tavolo, la accarezza.
Javier mi ascolta con attenzione, sembra aver intuito che sta arrivando la parte interessante. Non mi risparmio, voglio dirgli cosa fanno le persone come lui.
Potrei iniziare così: quattro mesi fa ho scoperto che mio marito mi tradiva con una ragazza sciatta, insignificante e presuntuosa. Si è messa tra di noi distruggendo la mia favola felice e ora lui non vuole più saperne di lei. Pensa, l’ironia della sorte. Ma il riassunto di un dramma comune destinato a colpire sul vivo i due imbecilli che ho di fronte, potrebbe ferire la sensibilità di Paolo.
“Gli errori servono a questo: a imparare.
E credo che mai più nella vita rinuncerò al mio lavoro, mi dà molte soddisfazioni.”
“E tu ne dai a noi.” interviene Olivia.
“Speriamo allora che il tuo prossimo accessorio cult sia in pelle!” esclama Javier alzando il suo calice in cerca di un brindisi. I commensali colgono e io sono costretta a imitarli lasciando cadere il discorso.

Il momento più rischioso della serata è appena arrivato, abbiamo pagato il conto e stiamo uscendo dal ristorante.
Non so ancora se sono una babysitter o una guardia del corpo, so solo che devo riaccompagnare Olivia a casa, prima che il Toyboy dica o faccia qualcosa.
Troppo tardi, mi anticipa. “Ragazzi, grazie per la bella serata. Paolo, piacere di averti conosciuto, noi ci vediamo domani.”
Tutto qui? Mi sono preoccupata per niente?
“Eva, Paolo, grazie per il passaggio, mi riaccompagna Javier, così vi lascio liberi.”
Non mi faccio ingannare dalla sua finta innocenza.
“Oh! Ho dimenticato il telefono in bagno, puoi accompagnarmi?” dico lì per lì.
“Ti accompagno io.” si offre Paolo.
“Ma è nel bagno delle signore…”
Il sorriso nervoso che accompagna l’occhiataccia fugace ad Olivia innesca gli effetti sperati.
“Scusateci un momento.” mormora prendendomi sotto braccio.

Ho appena chiuso la porta del bagno alle mie spalle. Olivia cerca un telefono che non c’è: ora mi starà a sentire.
“Io non lo vedo, hai controllato sul tavolo?”
“Questo?” dico estraendo il cellulare dalla borsa.
Ha lo sguardo rivolto verso il soffitto, sono quasi certa che stia lassù perché non vuole sentirsi dire ciò che immagina.
“La mia lezione non ti è servita?” chiedo brusca. “Vuoi fare a Mitch ciò che Dave ha fatto a me? Perché?”
“Forse sto sbagliando, ma ogni fibra del mio essere mi dice che ho bisogno di sbagliare.”
“È assurdo.”
“Non è assurdo, è umano.” ribatte. “Non farmi la predica, l’hai detto anche tu, gli errori servono a questo: a imparare. E ora andiamo.”
Olivia afferra la maniglia e si allontana.
Non sono una babysitter, non sono una guardia del corpo, se è questo che vuole, non posso impedirglielo.

CINQUANTACINQUESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova