To top
15 Ott

Il segreto del dottore

not for fashion victim
enrica alessi not for fashion victim
  
“C
aro Jerôme, come stai?
La tua gamba?
È parecchio che non ci sentiamo, è stato un periodo frenetico, ma ho buone notizie.
Ho definito la location della festa: un posto tranquillo e accogliente ai bordi di periferia.”
Non mi sembra il caso di specificare che stiamo parlando di casa mia, fa un po’ sequestro di persona, non vorrei che si tirasse indietro: mancano solo due settimane.
“Cucinerà per noi il famoso chef Massimo Rubbieri, che preparerà piatti della tradizione e proposte vegetariane, nel caso lo fossi.”
Non conosco francesi vegani.
“Il menù prevede un tris di antipasti — due caldi e uno freddo — un primo tipico italiano e un secondo di verdure servito con due contorni. Anche il dessert è una sorpresa, ma sono sicura che lo amerai.”
Britney ha posto un veto sulla torta Barozzi, servita su un letto di mascarpone ricoperto di scaglie di cioccolato fondente.
Quello è l’unico piatto rimasto del menù originale. Ho chiuso un occhio.
“Per ciò che riguarda le cicogne, sono orgogliosa di annunciarti che il falegname che ho trovato è un vero mago dell’intaglio e ha creato due capolavori che aspettano soltanto di essere verniciate dei colori che hai suggerito. Che saranno gli stessi dell’allestimento: bianco e azzurro.”
Ecco, questa parte è stata rivista.
Non ho ancora trovato il coraggio di confessare a Jerôme che non ci sarà nessun maschietto che porterà il suo nome, ma una femminuccia che si chiamerà come me. Non credo sia necessario: quando vedrà la stanza tutta rosa, lo capirà da solo.
“E per finire, le t-shirt con il tuo slogan arriveranno la prossima settimana.”
A questo punto dei giochi, avrà capito che la sua presenza è qualcosa di indispensabile, sì? Meglio ricordarglielo.
“Cassandra sarà entusiasta di conoscere il suo idolo, non vedo l’ora di vedere la sua faccia quando ti vedrà.”
Credo possa bastare.
“Ti aspettiamo a braccia aperte
Melissa.”
E lì, mentre penso che nel prossimo futuro, avrò davvero l’opportunità di pronunciare quel famoso “I just wanna say hello”, il telefono che ho tra le mani squilla.
Sono le 17,54 di giovedì pomeriggio e noto con piacere che il dottore ha ricordato la sua promessa.
“Dottore, buonasera! Che piacere sentirla!”
“Anche per me è sempre un piacere sentirla… Melissa adorata.”
Melissa adorata? Allora la storia del poker è vera. Sapevo che non era un latin lover.
Il Dottor Savastano è un giocatore incallito, uno di quelli che si vedono nei film con il sigaro in bocca e la pistola in tasca, e sono quasi certa che stia per chiedermi un prestito con cui pagare i suoi debiti di gioco.
“Melissa… devo chiederle una cortesia.”
Ci siamo.
“Le prometto che riuscirò a sdebitarmi…”
Abbiamo davvero gli strozzini alle calcagna?
“So che è stato un azzardo, ma alla mia età, è necessario buttarsi senza badare alle conseguenze…”
Vorrei precisare che giocarsi la casa — e forse la vita — erano questioni che avrei considerato, ma non c’è più molto tempo.
“Di che cifra parliamo?” chiedo bisbigliando.
“È una cosa importante.” dice serio.
“Importante quanto?”
“La amo e voglio chiederle di sposarmi.”
Resto in silenzio, riavvolgo il nastro e ritorno al punto esatto in cui sono inciampato sul malinteso. Metto in pausa e resetto il cervello.
Non è un giocatore di poker, è solo innamorato: è fantastico. Ma mi sorge un dubbio: perché lo sta dicendo a me?
“Che splendida notizia! Il suo vecchio amore si è riacceso. E quando pensava di fare la proposta?”
“Domani.”
“Dottore!” dico con rimprovero. “Aveva detto che si sarebbe preso cura dei cuccioli per tutto il weekend… sapeva del mio impegno.”
“Lo so, lo so… ed è per questa ragione che poco fa l’ho chiamata adorata…”
La sua sincerità meriterebbe un applauso.
“Domani è una data importante per noi. Vede, ci siamo conosciuti il 29 febbraio di quarantaquattro anni fa. È un segno!”
No, è una sfortunata coincidenza — per quanto mi riguarda. Ha aspettato così tanto per chiedere la mano di una donna, un giorno in più di certo non gli cambierà la vita.
“Non può spostare l’appuntamento a sabato?”
“Ho già prenotato il ristorante: è il più famoso della città, mi hanno chiesto la carta a garanzia.”
Questa è la scusa peggiore che abbia mai sentito.
“La prego, mi aiuti, in cambio Le prometto che sarà il mio testimone di nozze.” conclude disperato.
Non posso reggere un altro matrimonio:
l’oggetto in palio è quasi peggio della buca che mi ha dato.
“Terrò i cuccioli e incrocerò le dita per lei a una sola condizione…”
“Farò tutto per Lei.” mi interrompe pieno di riconoscenza.
“Non mi chieda di farLe da testimone: ho troppi impegni.”
“Dio La benedica! Le farò sapere tutti i dettagli.”
“Sono certa che basteranno i fatti salienti.”
“Mi dica buona fortuna…”
“Buona fortuna.”
Riattacco e resto lì, seduta sul divano, a pensare che l’amore non ha età e che io ho bisogno di una baby sitter.
“Giulio hai capito tutto?”
“Ti ho già detto di sì tre volte.”
“Ripeti.”
“Devo tenere d’occhio i cuccioli, abbassare le luci per non accecarli: limitare i rumori: direi che è facile.”
“E niente atti osceni davanti a loro.”
“Enrico è fuori per lavoro.”
“Quindi posso fidarmi?”
“Non hai altra scelta, ora vattene.” conclude divertito indicando la porta.
Gli do un bacio, mi avvio verso l’uscita, ma c’è ancora una cosa che devo dirgli.
“A proposito: come sto?”
“L’abito del mio ragazzo ti sta stupendamente.”
Era quello che volevo sentire.
“Ma il cappotto che hai rubato dall’armadio di Cassandra è spaziale: sono certo che Mila apprezzerà.”
Ora posso andarmene.
Sono già fuori dal cancello, quando Luca passa a prendermi. Mi volto a controllare se Giulio ci stia spiando, ma non c’è: pare essere più discreto di mia madre.
Salgo in auto e partiamo.
Dopo quattro secondi di silenzio, mi chiedo se l’imbarazzo di ieri mattina stia ancora aleggiando nell’aria: non ci vuole un genio per capire che tutti e due vorremmo evitare di parlarne. O forse no.
“Quanto mi sei piaciuta ieri!” dice divertito.”
Scoppio in una risata.
“Che altro avrei dovuto fare? Ero con le spalle al muro e con addosso una coperta.”
“L’hai spiazzata.”
“Ci ha spiazzato.” ribatto.
“E tu te la sei cavata alla grande! Ecco
perché ti amo.”
Ancora: il cuore si ferma, applaude e riprende a battere, sempre più forte. Poi si stabilizza e mi cede la parola.
“Dove alloggia tua madre?” chiedo per cambiare discorso.
“In un albergo del centro di Modena, poco distante dal ristorante in cui ha prenotato.”
“Come si chiama il ristorante?”
“Francescana.”
“Non lo conosco.”
“È il più famoso della città.”
Quella precisazione, detta così con nonchalance, mi fa sorgere un dubbio: e se fosse lo stesso in cui ha prenotato il dottore?
A ogni modo, mi rincuora sapere che abbiamo ancora venti minuti da passare da soli: non so cosa aspettarmi da questa serata. Di cosa parleremo? Cosa mi chiederà Mila?
E lì, sotto il semaforo giallo, dove la prudenza di Luca ha suggerito di fermarci, un’auto si accosta alla nostra.
Il finestrino del passeggero si abbassa e sbuca la testa di Cassandra. Anche Luca abbassa il suo, riesco a vedere Tommaso alla guida: alza il braccio, ci saluta.
“Ciao piccioncini.” dice lei.
Se sapesse che ho addosso uno dei suoi cappotti, non avrebbe quel tono smielato.
Ma l’abitacolo è buio: non può vedermi.
Mi sporgo un pochino, con cautela:
“Dove state andando?” le chiedo.
“Cristina e Alessandro ci hanno invitato a cena… c’è anche suo cugino.”
Chi? Massimo il Misericordioso?
Ma prima che possa chiederle chi cucina,
il semaforo diventa rosso. Luca li saluta, fa per chiudere il finestrino, quando Cassandra grida qualcosa che non riesco a capire.
“Che ha detto?”
“Ci vediamo domani per il tuo vestito.”
Lo avevo dimenticato.
“Quale vestito?” mi chiede curioso.
“Quello che vuole scegliere con me per le sue nozze.”
“Dovresti frenare l’entusiasmo.” dice ridendo.
“Vuole vestirmi di rosa pallido, ti rendi conto?”
“Be’, rispetto al classico color lavanda da damigella, non è così male… okay, forse è meglio cambiare discorso…”
Il mio sguardo torvo deve averglielo suggerito.
“Rossano, il ragazzo di ieri…”
“Il potatore? Colui che ci ha salvato dalla regina delle situazioni imbarazzanti?” chiedo ironica.
“Io ti ho salvata, non lui. E comunque sì, è di lui che stiamo parlando: mi ha chiesto se conosco qualcuno che affitta un appartamento carino e ho pensato al tuo.”
E ora come glielo dico che non ho intenzione di lasciarlo?
“Che bella idea!” esclamo felice nel tentativo di nascondere quelle perplessità che tornano a galla.
“Bene! E quando sarà disponibile?”
“Be’ ecco… non so se il proprietario abbia intenzione di affittarlo di nuovo…”
“Perché?”
“Tu non lo conosci, è un tipo strano, schivo e poi è spesso fuori per lavoro…”
“Magari potresti darmi il suo numero di telefono in modo che possano sentirsi direttamente, che ne pensi?”
Dannazione.
“Okay… lo cerco e te lo mando.”
E mentre cerco di prendere tempo per tirarmi fuori dall’ennesimo casino, ne arriva un altro all’improvviso.
“Hai già dato disdetta, vero?” mi chiede.
Se gli dicessi che ho intenzione di tenere la casa per un altro anno, potrebbe fraintendere e tradurre la mia decisione come una mancanza di fiducia nel nostro rapporto e invece è solo la fiducia in me stessa che mi manca, come faccio a spiegarglielo? Darò la colpa a Cassandra: gli amici servono anche a questo.
“Non proprio… Cassandra mi ha chiesto di tenere l’appartamento per un altro po’.”
Lo dico tutto d’un fiato, mentre scruto il suo profilo in cerca di reazioni.
“Tu sei un uomo: fatichi a capire queste cose, ma io e la mia amica abbiamo vissuto lì per un sacco di tempo, è una parte di noi. Pensa che Cassandra ha ancora dei vestiti nel suo armadio e sull’anta ci ha attaccato un post it con scritto: ‘presto tornerò a prendervi’, ma non lo farà, è troppo affezionata a quel posto.”
Luca sorride: forse l’ho convinto.
“Io la conosco…” proseguo bisbigliando. “So che dopo la nascita della bambina la sua vita cambierà, avrà bisogno di aiuto e di un luogo sicuro.”
La perplessità che leggo sul suo volto, mi fa capire che servono argomentazioni più forti.
“Sul libro di Enrica, ho letto che dopo aver dato alla luce un figlio, vengono a trovarti le sette generazioni dei parenti di entrambi i genitori e Cassandra deve avere un posto in cui nascondersi…”
“Addirittura!” esclama divertito. “Non è che invece stai cercando un modo carino
per dirmi che non vuoi più trasferirti da me?”
Quel desiderio di chiarezza che trapela nonostante il suo tono, mi impone di precisare modi e tempi di questo trasloco per tranquillizzarlo e ufficializzare la convivenza imminente. Il palmo della mia mano sfiora il dorso della sua e con voce soave dico: “Sono eccitata al pensiero di vivere con te. Dopo la festa, mi organizzerò con il trasloco e tra meno di un mese, saremo sotto lo stesso tetto.”
Luca mi prende la mano, la porta vicino alla sua bocca e la bacia. Esattamente un secondo prima di fermarsi davanti all’albergo in cui alloggia Mila, che è già fuori ad aspettarci.
Abbiamo preferito parcheggiare la macchina e spostarci a piedi. La piccola distanza che mi era stata anticipata — probabilmente per incoraggiarmi a sfidare i sampietrini del centro — si è rivelata tale: le mie décolleté non mi hanno abbandonato. Ma Mila non le ha guardate nemmeno di striscio, ha preferito riempire di complimenti il cappotto di Cassandra: Giulio aveva ragione.
Giunti all’ingresso del ristorante, un uomo dai modi gentili ci accoglie chiedendoci le giacche. Sto lasciando il mio cappotto, quando un altro signore si avvicina a Mila per salutarla. Intuisco che la conosce per il modo caloroso e cordiale con cui le rivolge la parola. I due continuano a chiacchierare con trasporto, io mi guardo intorno per studiare il luogo in cui mi trovo e lì, seduto al primo tavolo della sala, c’è il dottore con la sua vecchia fiamma.
Vorrei solo capire come può definirla vecchia se avrà al massimo vent’anni. Quel depravato mi ha ingannato!
Distolgo lo sguardo cercando di frenare lo sconforto che si mescola alla delusione, ma è come se potessi vedere la mimica del mio volto e credo di avere la stessa espressione di chi sta morendo di vergogna.
“Ma quello non è il Dottor Savastano?” mi chiede Luca sottovoce.
“No! È impossibile: stasera era di turno in ospedale.”
“E invece è proprio lui.”
“Non fissarlo.” borbotto voltandomi per lasciarmi il verme alle spalle. “La ragazza che è con lui è giovanissima… e si intuisce dal trucco che è una donnina allegra… ti pare che il dottore abbia certe frequentazioni?”
“Melissa: mi sta salutando…” mormora lui.
La bocca si apre, resta spalancata, ma le orecchie non credono a ciò che hanno appena sentito. Mi volto e vedo il dottore che alza il braccio destro, facendoci segno di raggiungerlo.
“Mamma, scusaci un momento, andiamo a salutare una persona.”
Luca non mi lascia nemmeno il tempo di godermi lo shock, di perdere i sensi, di farmi stramazzare al suolo — peraltro ricoperto di moquette. Mi prende per mano e si dirige sicuro verso il tavolo del dottore.
SESSANTADUESIMO EPISODIO
Illustrazione: Valeria Terranova