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8 Mar

Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche… e non è il film con Billy Crystal

storie di ordinaria follia enrica alessi

storie di ordinaria follia enrica alessi

 

 

 

A

nche io come Coco Chanel vengo dalla campagna, è giusto che si sappia.
Vivo in una casa in mezzo al verde e siccome mi piace ragionare e raccontare per associazioni di idee: Rossella O’Hara aveva Tara, io ho Chiozza.
I genitori di Giaco ce l’hanno regalata quando ci siamo sposati, prende il nome dalla frazione reggiana in cui si trova ed è un piccolo paradiso.
Ma vivere in campagna — per quanto ne canti Toto Cutugno — non è sempre facile.
D’inverno, la valle che mi circonda prende le sembianze di una palude, il tasso di umidità se la gioca con quello di Dubai e non passa giorno che non desideri il giungere della primavera. E quando finalmente arriva, arrivano anche i piccioni, rarissime specie di insetti che meriterebbero una puntata speciale di Super Quark, e le lucertole.
I piccioni vengono al mondo per mitragliarti casa e tutto ciò che ti appartiene: auto, vestiti, capelli. Le provo tutte per suggerire loro altri luoghi in cui insediarsi, arrivo addirittura a minacciarli di farli cucinare da Cracco, ma loro se ne fregano. Qualcuno è così affezionato a Chiozza che rinuncia alla migrazione per trattenersi qui per tutto l’inverno.
L’anno scorso, uno di loro è salito per le scale, ha bussato alla porta con il becco, che io ho aperto credendo che fosse la gatta, e lui è entrato a testa bassa, ha girato a sinistra e si è infilato sotto l’asse da stiro. Per dire.
Gli insetti sono tanti, per non parlare dei piccoli rettili di cui sono letteralmente fobica, ma ci sono anche gli alberi in fiore, gli uccellini che cinguettano, qualche cerbiatto che ci degna della sua presenza e un piccolo corso d’acqua che costeggia tutto il lato destro, dove spesso vediamo le anatre con i piccoli anatroccoli.
Giaco è da sempre affascinato da quel canale. Una volta, ha addirittura espresso il desiderio di sfruttarlo in occasione della sua morte, come nel film “Il primo cavaliere”; dove il corpo senza vita di Re Artù viene messo su una zattera e incendiato con le frecce dei cavalieri della Tavola Rotonda. Credo che in fondo, si senta un po’ re anche lui.
Nei mesi più caldi, la distesa verde, che si perde a vista d’occhio, cresce ogni tre per due e tenere il prato rasato diventa una vera e propria missione, che abbiamo assegnato a Medioman, mio papà, l’unico che dispone di tempo e pazienza per occuparsene.
I miei vicini di casa sono deliziosi, i migliori che potrei desiderare. Hanno un ristorante e tutte le mattine, Boy sconfina e va a rubare gli avanzi alle sue amiche: Luna e Stella, i loro cani, che a loro volta, ogni tanto, fuggono per venire qui — dubito che sia per il cibo: cucino troppo light — ma quando succede, siccome sono identiche, fatico a distinguerle e a chiamarle con il nome giusto.
Una delle cose più comiche che mi succede è uscire di casa con mise audaci e ricercate, degne di Milano città, per poi trovarmi di fronte a vere e proprie montagne di escrementi bovini che circondano la valle.
Ce ne sono così tante, lungo la strada che conduce a casa nostra, da diventare dei veri e propri punti di riferimento:
“A che ora sarai a casa Giaco?”
“Sto arrivando…”
“Dove sei esattamente?”
“Prima del ponticello, dalla cacca delle mucche.”
Un paio di minuti: butto la pasta.
Credo che la campagna non smetterà mai di sorprendermi, e anche se le avversità non sono poche, qui trovo quella serenità che mi è indispensabile per lavorare.
E se qualcuno si stesse chiedendo dove scrivo fisicamente le mie storie, rispondo che il mio ‘ufficio’ si trova sulla scala esterna che conduce all’ingresso.
Un’aerea all’aperto, di fronte a un ulivo che anno dopo anno diventa sempre più grande.

 

Illustrazione di Valeria Terranova