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21 Dic

La scuola — e non è il film con Silvio Orlando

enrica alessi storie di ordinaria follia
N
on ho mai visitato Napoli, sono passata solo dalla stazione, prima di raggiungere la costiera, il resto è ancora da scoprire.
Il destino cerca di porvi rimedio, quando la professoressa Manno, che ogni anno partecipa con i suoi studenti alla rassegna di Positano, ‘Mare, Sole e Cultura’, mostra interesse per il mio libro e mi invita nel liceo in cui insegna per poterlo presentare ai ragazzi.
Sono felice, entusiasta, lusingata, commossa, che altro? Finalmente avrò l’occasione di parlare del vero amore che è nascosto tra le righe di Prêt-à-bébé: quello nei confronti di noi stessi: la componente necessaria di una vita felice.
La mail arriva alla fine di settembre e anche se mancano due mesi, inizio a imbastire un discorso.
“Allora ragazzi, sarò sincera: fino a oggi le mie presentazioni mi hanno sempre spaventata, ma poi mi sono detta: domani è un altro giorno e domani è oggi. Quindi datemi una mano e stavolta sarà fantastica.
Dai che ce la facciamo!”
(Troppo carica? Magari la smorzo un attimo.) Vado avanti.
“Sono una raccontastorie, questo so fare. Ho avuto un’adolescenza difficile, ma allo stesso tempo costruttiva. Parecchio costruttiva. Quando mi è caduto il mondo addosso, ho deciso di ricostruire, di cominciare da capo, di darmi un’altra chance. Ho cominciato a scrivere con il cuore per liberarmi e ho toccato note così profonde del mio essere, che per una sorta di osmosi emozionale, spesso riesco a toccare anche il cuore degli altri.
Racconto della mia vita, di ciò che mi succede, e seppure l’ironia sia l’ingrediente principale delle mie storie, oggi non sono qui solo per farvi sorridere, ma per parlarvi di un gossip: della Vespa. E voi vi chiederete: cosa c’entra la Vespa?
Appunto, se siete venuti ad ascoltarmi, tanto vale che vi parli di qualcosa di torbido, così state attenti.”
Il post della Vespa, l’ho scritto proprio in previsione di questa visita. Non è stato facile mettere nero su bianco le mie sconfitte scolastiche, eppure era un passaggio necessario, ma per evitare di scatenare l’inferno, due giorni fa, chiedo un parere alla professoressa Manno.
Le mando il link e un messaggio: “Anna buongiorno, forse dopo questo articolo, ripenserà al suo invito. Però, se è d’accordo, vorrei leggerlo ai ragazzi.”
Chiudo gli occhi mentre premo invio, ho paura che possa rispondermi: ‘è pazza per caso?’
E invece scrive: “Sono d’accordissimo, lei DEVE leggere questo articolo perché rispecchia la situazione di molti ragazzi. Noi siamo a Ponticelli, un quartiere di Napoli, e mi creda i nostri alunni sono dei bravissimi ragazzi per cui la scuola e il liceo sono un rifugio. Questo articolo dà speranza a tutti. Lei mi piace ancor prima di conoscerla.”
Allora vado: posso leggerla.
Cosa aggiungerò?
“Ho scritto il mio romanzo con l’ambizione di poter aiutare le persone — di tutte le età —  a vivere con soddisfazione e passione, con il desiderio di spronarle a essere soddisfatte di loro stesse, suggerendo loro di sfruttare la bellezza in senso globale, sfatando il mito che quella interiore e quella esteriore siano due concetti distinti, ma complementari: le facce della stessa medaglia, entrambe necessarie a costruire l’autostima. Non esistono le mezze misure, non ci si può far bastare di averne solo un po’, per essere felici bisogna averne tanta.
Per quanto riguarda me, ci sono giorni in cui mi sembra di averne e altri in cui non riesco a trovarla da nessuna parte. E quando si nasconde, anch’io ho voglia di nascondermi. Se leggo qualche recensione cattiva, qualche commento al vetriolo, non sempre so come reagire, forse succede anche a voi. Cito tanti film, chi ha letto il libro sa che sono la mia passione, e anche Vivian, Julia Roberts in Pretty Woman, a un certo punto della storia dice: “è più facile credere alle cattiverie, ci hai mai fatto caso?”
Non si può piacere a tutti, non siamo cioccolata, ma le parole fanno male e quando ci pungono sul vivo rischiano di far ammalare l’anima. Ma esiste una cura per alzare le difese immunitarie emotive: cercate la vostra specialità, c’è sicuramente qualcosa che vi fa sentire speciali e non arrendetevi fino a che non l’avete trovato.
Ho scritto il mio romanzo perché volevo chiarire il concetto — visto che usiamo gli hashtag — del #volemosebene: avere cura del proprio aspetto è una forma di rispetto nei confronti di noi stessi e anche nei confronti di chi ci sta intorno, ma non assecondate mai chi pretende da voi il meglio e basta, siate il meglio per voi stessi, il meglio DI voi stessi.”
Rileggo. Okay, ho detto tutto? Forse sì.
La parte difficile sarà ripetere ad alta voce davanti a… senza… va be’, magari stavolta leggo. Dopotutto, domani è un altro giorno e domani è dopodomani. Ragazzi sto arrivando.
Illustrazione: Valeria Terranova