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4 Mar

Capodanno a sorpresa

l'amore ai tempi supplementari enrica alessi

l'amore ai tempi supplementari enrica alessi

 

S

ofocle diceva che la gioia più grande è quella che non era attesa. Ma siamo davvero sicuri?
Sono reduce dall’improvvisata di Andrea che dovrebbe scoraggiarmi dal compiere gesti tanto arditi, ma io non ho nulla da farmi perdonare: è solo una foto.
Certo, la didascalia “amo la mia famiglia” potrebbe essere intesa in senso letterale, potrebbe creare qualche equivoco, ma dopo che avrò avuto modo di spiegargli cosa è accaduto, sono certa che capirà.
Aggiungo che sarebbe meglio guardarlo negli occhi per chiarirgli ogni possibile dubbio, le parole — specie se al telefono — potrebbero non essere sufficienti: ecco perché voglio fargli una sorpresa, solo per questo. E più cerco di convincermene, più realizzo che sto scansando una verità che fatico ad accettare.
I pensieri non fanno rumore, nemmeno l’autista può sentirli, eppure non la racconto tutta. Se è vero che l’amore si basa sulla fiducia — e io mi fido di Paolo — perché una parte di me si ostina a suggerirmi di metterlo alla prova?
Credo che sia a causa di quel film mentale che si ripete e che mi perseguita, quello che si apre con la scena di Paolo che vede la foto — anzi è Camilla a mostrargliela: lui non è molto social — legge la didascalia e gli girano. Camilla, che non aspetta altro, inizia a sbaciucchiarlo, prima sul collo, poi si arrampica sulla guancia e infine, va dritta verso le sue labbra. Lui cerca di ritrarsi, dice no per tre volte, ma poi ci ripensa. Contraccambia il bacio perché si sente ferito e vuole ferirmi a sua volta.
Sì lo ammetto: la mia visita a sorpresa è una stupita prova del nove, anche un po’ sadomasochista per certi versi — ma sono arrivata a un dunque della mia vita:
devo affrontare le cose per ciò che sono.
Metaforicamente parlando, se lo avvertissi che sto andando da lui, avrebbe il tempo di passare l’aspirapolvere, di riordinare l’appartamento, cambierebbe pure la biancheria in bagno: ma non importa se casa sua è sottosopra, mi basta che tra noi non ci sia confusione.
Anche la donna più amata del pianeta controlla i movimenti del suo uomo: vuole essere certa della sua fedeltà e il mio passato amoroso suona un po’ come una giustificazione.
La macchina si ferma davanti a casa mia.
Il conducente scende dall’auto, apre la portiera e mi porge la valigia che, nel frattempo, ha recuperato dal bagagliaio. Pago la corsa e lo saluto.
E mentre salgo le scale, cercando di fissare mentalmente tutti i punti della mia tabella di marcia, il telefono squilla: è Clara. I tempi sono stretti, vorrei rimandare la conservazione che già immagino, ma non credo di potermelo permettere, rispondo.
“Ciao, disturbo?”
Il fiato corto provocato dalle scale deve averle fatto intendere che non è il momento migliore.
“Sai che non disturbi mai.”
“Posso parlarti?”
È come immaginavo: sa tutto e sembra che dopo aver ascoltato il suono della prima campana, abbia necessità di stare a sentire anche l’altra.
“Clara, non so cosa ti abbia riferito tuo figlio…”
“Mio figlio si è arreso e non avrebbe dovuto.” mi interrompe. “So cos’hai passato a causa sua, in questi mesi non ho fatto altro che rimproverarlo, ma ora che ha ammesso i suoi errori, ti chiedo di rivalutare la tua posizione.”
“Non è così semplice…” mormoro.
E parlarne su un pianerottolo è anche più difficile. Trattengo il telefono facendo pressione con la spalla, infilo le chiavi nella serratura ed entro in casa posando la valigia sul pavimento.
“Per le donne non è mai semplice, ci sdoppiamo, ricopriamo ruoli diversi cercando di conciliare gli impegni di ogni singolo individuo che fa parte della famiglia… cane compreso.” continua.
Che si stia riferendo al metodo con cui ho insegnato a Olivia a fare pipì sul divano?
“Ma ho sempre saputo che Davide sarebbe tornato sui suoi passi e sono certa che lo sapessi anche tu.” conclude.
Nonostante le sue intenzioni siano dettate da un amore sincero, non riesco a definirle buone: dice di sapere cosa ho passato, ma lei ha un matrimonio felice, come può pretendere di capire cosa succede quando un altro va a rotoli?
“Forse hai ragione, forse ho sempre saputo che Andrea era una donna di passaggio, ma non è questo il punto: il nostro matrimonio era già finito prima che lei arrivasse.”
“Perché dici questo?” chiede con un filo di voce.
“Perché è la verità: se gli avessi dato le attenzioni che meritava, non le avrebbe cercate altrove, eppure è successo.”
Clara rimane in silenzio.
L’ammissione delle mie colpe dovrebbe farla sentire meglio, ma è una donna troppo arguta per non intendere il vero significato delle mie parole: non mi sto limitando a dire che siamo entrambi colpevoli, sto dicendo che i miei sentimenti sono stati i primi a cambiare e che i suoi si sono solo adeguati alle circostanze.
“Eva: un amore forte può risolvere tutto.” mormora.
“Il nostro non lo è stato abbastanza.”
La drammatica sincerità della mia affermazione tronca ogni possibile tentativo di riavvicinamento: anche Clara si arrende. Ma non perde i modi gentili e materni che mi ha sempre riservato.
Dice di volermi bene, tento di rassicurarla: io e Davide abbiamo trovato una dimensione in cui convivere in modo pacifico per il bene di Sofia, e per quanto le dispiaccia prendere atto del fatto che il nostro matrimonio è davvero finito, trova conforto nella nostra serenità di accettarlo. Le mando un bacio, lei mi saluta, la telefonata si interrompe.
Penso a Paolo.
Penso agli amori che finiscono, a quelli che iniziano per caso, e quelli che il caso vuole che tornino dal passato.
Immaginavo di vivere la storia d’amore perfetta: ho ingannato me stessa per convincermene, convincendomi pure che certe emozioni sono destinate a perdersi negli anni, quasi fosse il passare del tempo a precluderci di provarle. Ma la passione e l’intesa non sono legate all’età anagrafica, e anche se ammetto che la nostra storia è solo all’inizio, c’è qualcosa di speciale in lui, qualcosa che mi rapisce, che non riesco a spiegare. So solo che quando sono con lui, mi sembra di stare sulle nuvole — sesso tantrico a parte.
Ho voglia di sentire la sua voce, se l’autista che mi ha tenuto compagnia fino a poco fa mi aveva dissuaso dal farlo, ora non ho più nessun impedimento, giusto la paura di scoprire la sua reazione. Ma se dovesse sentirsi minacciato, sarebbe mio dovere rassicurarlo. Il telefono è ancora nella mia mano, cerco il suo nome tra le ultime chiamate e vado a meta.
Risponde con un ciao e sembra felice di sentirmi. Forse non ha visto la foto.
“Ciao tesoro, come stai?”
“Bene, stiamo finendo gli ultimi allestimenti qui all’Osteria, e tu?”
Il plurale lascia intendere che sia in compagnia dei suoi amici, ma il tono della voce è rilassato, se lo stessi disturbando, lo avrei capito. E io? Io sono tornata a casa perché muoio dalla voglia di vederti.
Devo solo fare la valigia e raggiungerti.
Come sarebbe semplice dire le cose come stanno, ma quella dannata prova del nove continua a sconsigliarmelo. Medito su ciò che dirò e decido di tenere solo l’ultima parte.
“Ho una voglia pazzesca di stringerti…” mormoro.
“Dove sei?”
Me lo sta chiedendo perché spera nella prima parte che potrei aver lasciato trapelare?
“Sono nella mia stanza.” dico dirigendomi in camera da letto per sentirmi meno in colpa. “Sofia e Davide sono sulle piste.”
“Perché sei sola? Stai bene?” chiede preoccupato.
La sua premura nei miei riguardi mi fa sentire la persona peggiore della Terra.
Dai, che aspetti? Diglielo: ‘sto venendo da te’, ma mentre sto per convincermi a confessare, tenendo conto che la scena che mi perseguita è solo frutto della mia mente malata, sento una voce femminile che chiama il suo nome.
“Arrivo…” dice allontanando il telefono dalla sua bocca. “Scusa, stavi dicendo?”
In realtà era lui che stava parlando, mi stava chiedendo come stavo e ora nemmeno se lo ricorda.
“Sto bene… grazie. Chi era?”
“Camilla ha preparato dei festoni da appendere e ha bisogno di qualcuno che la aiuti ad attaccarli…”
Apprezzo la sincerità, ma avrei voglia di chiedergli se non può farlo nessun altro.
E se fossero soli?
“Fatti aiutare da Celiane.” aggiunge subito dopo.
“Celiane è con voi?” chiedo stupita.
“Sì, certo, passiamo sempre capodanno insieme. Tu cosa farai stasera?”
Me lo sta chiedendo con gentilezza, ma oserei dire che ne sta usando pure troppa, sento che c’è qualcosa che non va.
La tentazione che si era presentata durante il corso della telefonata, e che mi aveva quasi convinto a confessare che sto per raggiungerlo, non solo è scomparsa, ma sembra addirittura essersi sostituita da uno strano desiderio di provocarlo.
“Stasera mangeremo in albergo e a seguire ci sarà un bellissimo concerto di Albano e Romina: canteranno Felicità per la milionesima volta…”
“Stai scherzando?”
“Si sto scherzando.” dico sgomenta.
Se non ha colto la battuta significa che non si sente minacciato, ma la cosa che dovrebbe rallegrarmi, mi infastidisce.
“Mi manchi, vorrei che fossi qui.” dice dolcemente.
Forse sono ancora in tempo, penso tra me e me, sono solo due le parole che devo dire, ma in lontananza, sento ancora quella voce, la voce che detesto, e continua a chiamare il suo nome.
“Se devi andare, vai…” mormoro.
“Prima voglio sapere se stai bene davvero, lui come si comporta?”
“Va tutto bene, ci vediamo quando torno.”
Lo lascio andare.
Mi chiedo come recupererò questi quindici minuti di telefonate e decido di sacrificare la valigia della montagna: a lei penserò al mio ritorno, devo sbrigarmi se voglio arrivare da lui per l’ora di cena.
Mi precipito nello Studio, cercando di focalizzarmi sull’effetto sorpresa, ma la sola cosa a cui penso è la faccia di Camilla che vorrei prendere a sberle.
Avrei voglia di disintegrarla, e seppure per questa nobile causa sarebbe più appropriata la tutina verdognola dei Ghostbusters, riconosco che qualcosa di sensuale sarebbe più efficace: non mi sporco le mani per una come lei. Meglio mostrarsi favolose — sempre pensato.
Vado dritta alla sezione “Paillettes”: anni e anni di feeling con il genere glitterato sono appesi a uno stender di circa un metro e io non so quale abito scegliere.
Forza Eva, spremiti: concetto sexy.
Niente. Sono emotivamente coinvolta, mi serve uno squalo: chiamo Michele.
Ho valutato che perdere altri dieci minuti al telefono con lui, me ne avrebbe fatti risparmiare più del doppio in guardaroba.
Credo che conosca a memoria ogni singolo pezzo che ho comprato e tra una selezione che definire ampia è riduttivo, ha scelto l’abito blu notte in stile charleston di Blugirl, da completare con sandalo e borsa sberluccicosi di Dolce & Gabbana comprati in svendita.
Guardo la mise nel suo insieme, ma per quanto mi soddisfi, pensare di affrontare un viaggio di tre ore, agghindata a quel modo, mi mette un filo d’ansia.
Guidare in tuta è la soluzione migliore, ma mica posso presentarmi da lui vestita così: prenoto un albergo. Dopotutto, sono pronta a tutto — fa anche rima — prenotare una stanza mi sembra saggio a prescindere. Mi serve per cambiarmi, ma diciamo che se le cose non dovessero andare come spero, avrei comunque un posto dove passare la notte.
Potrei accontentarmi di un umile giaciglio, ma è capodanno, e una camera al Principe mi è sembrata la soluzione migliore. Matrimoniale. Speriamo bene.
Dopo una doccia veloce, chiudo i bagagli e mi metto in viaggio.
Sono appena salita in macchina e penso già al suo profumo. Sono ufficialmente eccitata.
Concentrazione e guida sicura mi conducono a Forte all’orario prefissato.
Check-in, make-up, night out: questo è il piano.
Arrivo alla reception, c’è un ragazzo ad aspettarmi, mi presento porgendogli la carta d’identità. Lui mi guarda, riguarda il documento e guarda di nuovo me.
“Lei, per caso, è la moglie del calciatore?”
Ho tempo di spiegargli che stiamo divorziando e perché? No.
“Sì esatto, a che piano sono? Ho un appuntamento alle otto…”
“Oh, certo, mi scusi.”
Il ragazzo — la targhetta dice che si chiama Davide pure lui — abbassa lo sguardo verso il monitor del computer e prepara le chiavi elettroniche.
Mi fa strada verso l’ascensore e dopo aver annunciato il piano a cui mi sta accompagnando, prende fiato e aggiunge: “suo marito è un bomber, è il mio preferito. Bella la foto che avete fatto a Campiglio.”
È ufficiale: la foto è arrivata anche a Forte, l’ultima cosa di cui avevo bisogno, ma continuo a fare affidamento sul fatto che Paolo non abbia un profilo Instagram.
E mentre l’ascensore arriva, mi offro di trovare la mia stanza da sola per liberarmi dell’impiccione all’istante.
Arrivo alla camera, e anche se non ho molto tempo per soffermarmi sui dettagli, sembra deliziosa, apro la valigia e butto sul letto la mia mise da combattimento.
La indosso, mi trucco, infilo i sandali e vado allo specchio: mi piaccio.
Giacca, borsa e telefono.
Telefono: un messaggio di Olivia.
“Mia cara, il sapone di Marsiglia è un ottimo alleato, anche per il pelo dei cani, tienilo a mente. Fammi sapere com’è andata, in bocca al lupo.”
Aggiunge una foto: il ciuffo di Malgioglio è definitivamente scomparso.
Non posso che essere felice, il mio raro esemplare di chihuahua biondo a pelo lungo è biondo di nuovo, ora speriamo solo che ai bambini non venga l’idea di rasarlo.
Salgo in auto, controllo il mio aspetto nello specchietto retrovisore e metto in moto.
L’Osteria dista appena cinque minuti di macchina, un lasso di tempo ideale per farsi le ultime domande: dove lascerò la giacca? Mi precipiterò da lui correndo o camminando? E il bacio che sto bramando potrebbe essere una cosa alla Casablanca?
La mente si annebbia nell’istante esatto in cui mi accorgo dell’auto di Paolo parcheggiata davanti al ristorante, non mi resta che sfruttare gli ultimi istanti di ragione per trovare un posto a pochi metri dalla sua.
“Ci siamo.” dico al alta voce per farmi coraggio. Scendo, attraverso la strada pensando alla frase di Sofocle, e arrivo finalmente all’ingresso.
C’è un bancone sulla destra, ma la persona che dovrebbe essere dietro di esso per indicarmi dove andare non c’è: faccio da sola. Mi tolgo la giacca e mi dirigo verso sinistra, dove c’è un gruppo di ragazzi che sta già festeggiando: Paolo deve essere lì.
Mi avvicino cercando di frenare la tachicardia provocata dalla situazione, e quando lo vedo, realizzo che la sorpresa è così grande da non poterla reggere.
Non è la bionda nel cassetto che sta con lui, ma una brunetta con il caschetto. Stanno ballando un lento e lui la stringe a sé. Le gambe mi cedono: forse sto per svenire.

 

QUARANTATREESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova