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24 Ott

L’ospite a sorpresa

enrica alessi not for fashion victim

enrica alessi not for fashion victim

 

 

D

icesi Dress code: l’indicazione precisa di abbigliamento da indossare in una determinata situazione.
Il primo step è superato: ora so cos’è, ma non ho la più pallida idea di cosa abbia deciso Britney per la festa, e questo è un problema.
Qualcosa mi dice che quel cancello aperto le costerà molto caro: mi dirà tutto di questo addio al nubilato.
Voglio l’organizzazione congiunta che era stata prevista dall’inizio — prima che il cappotto facesse cambiare idea a Cassandra.
Mi infilo il pigiama, scendo in salotto, Max mi segue.
Ci sdraiamo sul divano ad aspettare Cassandra che è sotto la doccia. Lo abbraccio, lo bacio e il telefono che sta nella tasca della vestaglia vibra. Lo afferro: è Luca.
“Come state?”
Max mi sta leccando la faccia: se mi limitassi a descrivere la scena che sto vivendo, capirebbe che mi sento in paradiso.
“Stiamo bene, siamo sul divano a farci le coccole.”
“Saluta Max da parte mia.” dice ridendo.
Quasi mi pento di aver rinunciato alla sua proposta di vederci, ma la mia immagine, riflessa nello schermo spento della tv, mi convince che invece, ho fatto la cosa giusta. Faccia distrutta — incorniciata da una fascia per capelli in condizioni pessime — occhi crepati dal sonno, labbra screpolate dal freddo.
Gli faccio una domanda, forse per distogliere lo sguardo, forse per la fame che mi sta divorando.
“Hai mangiato?”
“Non ancora e tu?”
“Nemmeno io.”
“Pizza…”
Lo dice bisbigliando, mimando ‘quel’ verso: quello che sussurra dopo avermi sciolto con il suo sorriso malizioso, quello che sussurra poco prima di baciarmi.
Sento un brivido. Un aquilone nello stomaco e la voglia sfrenata di stare con lui.
A frenarmi è lo stesso riflesso che rivedo nella tv. E le costole malmesse.
“Smettila…” dico arrossendo.
“Eccomi qui!”
Cassandra si è materializzata davanti ai miei occhi. Si è accorta della mia telefonata e punta l’indice verso la cucina.
Annuisco, facendole segno che sto per raggiungerla.
“La cena è pronta.” grida allontanandosi.
È evidente che non può aspettare: forse anche lei sta morendo di fame. Devo chiudere.
“Domani? Pizza?” sussurro.
“Domani sera non posso, gioco a Bowling.”
Non sapevo che giocasse a Bowling.
“Venerdì?” mi chiede.
“Venerdì.”
E mentre lo immagino giocare a bowling, con la consapevolezza che sarebbe sexy anche mentre gioca a bocce in canottiera, calzini e ciabatte, lo saluto, mandandogli un bacio.
Faccio scendere Max dal divano e raggiungo la cucina, dove potrò concedermi il piacere della parmigiana che avrei dovuto mangiare ieri sera.

È anche più buona di come la ricordassi.
Se il palato potesse parlare, direbbe che ha raggiunto un orgasmo di sapori.
E lì, in mezzo a quell’esplosione di gusto, mi viene una domanda.
Mando giù il boccone, mi pulisco la bocca, bevo un sorso d’acqua e dico:
“Come può essere arrivato così lontano?”
Guardo Cassandra con l’espressione del detective che non ha risolto il caso e non si dà pace.
“Non ne ho idea. Proprio non ne ho idea.”
Max e a bordo tavola che aspetta la sua parte e io vorrei dirgli che potrà averla soltanto dopo aver confessato.
“Come hai fatto a finire fin laggiù?” gli chiedo.
Ma lui scodinzola e ha la faccia di chi non parlerà mai.
“Melissa: lo abbiamo ritrovato, che importanza ha?”
“E invece, credo che il dottore sia implicato.” mormoro.
“Ancora con questa storia? Hai rischiato una denuncia, non ti basta?”
“È una sensazione, cosa ci posso fare?” ribatto.
Max si mette a cuccia.
“Toglitela dalla testa: è semplice.”
Forse ha ragione: Max è qui.
“Pensa piuttosto allo stilista carino…” suggerisce in tono provocatorio.
“Non ci ho fatto caso.”
Lei scoppia a ridere.
“Che c’è? Non mi credi?” chiedo.
“Non puoi non averlo visto…”
“Ero felice per Max, non ho badato al resto: è la verità.”
“Be’ allora te lo sei perso.”
Si tuffa sulla parmigiana e sono quasi certa che lo stia facendo per riempirsi la bocca e trattenersi dal dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi. E inevitabilmente, mi incuriosisce.
“Com’era?”
“Moro, bello, elegante e con un ché di misterioso.”
Lo dice sognante: se non fosse per la dose di ormoni che si è impossessata di lei, potrei pensare che si è presa una cotta. E se non fossero gli ormoni?
“Ti piace…” dico insinuandolo. “Dimmi la verità…”
“Sono incinta, tra pochi mesi diventerò una botte: non posso sedurlo ingannandolo. Io non sono: ‘quello che vedi è quello che avrai’, io sono ‘una gallina oggi con un uovo domani’.”
Come faccio a non ridere?
Comincia lei, io la seguo.
“E comunque… se non fosse stato per Max non lo avremmo conosciuto. Ma…”
Lascia la frase in sospeso, volutamente per creare suspense.
“Ma…”
“La sua fuga mi ha tolto l’occasione di chiederti se ti facesse piacere aiutarmi a scegliere il mio abito da sposa…”
Questa non può essere solo una questione di ormoni, Cassandra deve aver battuto la testa per arrivare a tanto. Ma preferisco non indagare: non avrò un’altra occasione.
“Grazie infinite per la quantità esorbitante di fiducia che mi stai concedendo.” dico ironica.
“Non nego che privarmi della supervisione di Cristina potrebbe causare danni irreparabili, ma voglio correre il rischio…”
So che sta scherzando, o almeno spero.

Ho sparecchiato, caricato la lavastoviglie e ora, in posizione orizzontale sotto le coperte, mi sforzo di spremere le meningi per rispondere a Jerôme.
Dunque, vediamo:

“Caro Jerôme, che bello sentirti.
Non so davvero come ringraziarti per il pensiero, Cassandra sarà felicissima.
Ecco l’indirizzo:
Melissa Bigi
Via Lucio Battisti 33
41100 Modena (MO)
Italia.”

Mi fermo. Rileggo ciò che ho scritto per controllare di non aver fatto errori.
Poi, scorro verso l’alto, torno sul suo messaggio e vado per ordine.
Preferisco tralasciare la fuga di Max, finirei per dirgli che continuo a sospettare del dottore e non trovo sia carino immischiarlo in una storia di sequestro, e poi sarei costretta a ricostruire le dinamiche del ritrovamento e se sapesse che allo stato attuale io e Britney ci siamo avvicinate, verrebbe a mancare la condizione necessaria che lo stuzzica a sabotare la sua festa. Meglio rinnovare l’invito, sottolineare che la sua presenza è indispensabile e chiarire la faccenda del Dress Code.

“Quando ho letto che farai parte della squadra di sabotaggio, ho pianto di gioia. Sono davvero emozionata.
Quindi ci sarai?
Nel frattempo cercherò di scoprire il Dress Code che Britney ha deciso.
Un abbraccio
Tua Melissa.”

La mattina seguente, mi sveglio pensando a Diet Coke, alla pizza di domani e al Dress Code che dovrò scoprire: proprio in questo ordine.
Mi sento meglio, il dolore al petto è quasi scomparso e anche l’umore è buono: abbastanza buono per fare un salto in clinica, salutare i miei colleghi e mettere Britney alle strette.
Manco da più di una settimana e vorrei chiarire per sempre che la Melissa single dall’aspetto discutibile è storia passata.
Ora sono diversa: ho un ragazzo bello, dolce e sexy, ho acquisito un minimo di cultura su Coco Chanel e anche il mio aspetto è diverso, tutti devono accorgersi della mia nuova vita, della mia nuova immagine.
Mi trucco, metto anche un po’ di ombretto, un mascara che allunga e infoltisce le ciglia e un gloss leggero sulle labbra. Sobria, ma accattivante: mi piaccio. Ora viene la parte più difficile.
Ogni volta che apro il mio armadio, la prima cosa che mi viene d’istinto è richiuderlo. È un po’ come se la Venere volesse ricordarmi di riempirlo e nonostante avessi già pensato di ascoltare quei messaggi subliminali e svuotare il negozio senza badare a spese, al momento, ciò che si addice alla nuova Melissa è solo questo: un abito nero, una camicia bianca, due paia di jeans senza buchi, tre maglioni neri e il cappotto di Cervino di mia madre. O era Scervino?
Sto quasi per mollare tutto e chiedere asilo nel guardaroba di Cassandra, quando il mio sguardo cade sulla scatola di Dolce & Gabbana che avevo riposto in basso, vicino a quella delle sneakers di Zara.
Come ho fatto a dimenticarmi di loro? Delle mie bellissime décolleté mai indossate?
Potrei metterle con i jeans, con uno dei miei immancabili dolcevita neri e con il cappotto di mia madre: non è un look da tappeto rosso, ma è pur sempre migliore di quelli a cui avevo abituato il mio pubblico. E con quella combinazione, decisa alla velocità della luce, scendo le scale, saluto Max promettendogli che tornerò presto ed esco di casa per raggiungere la clinica.

Sono di fronte all’ingresso, mi ravvivo i capelli che non sono legati nella solita coda di cavallo e mi avvicino: le porte scorrevoli si aprono e faccio il mio ingresso: non c’è anima viva.
Devo smetterla con queste aspettative: ogni volta che mi convinco che tutti mi stiano aspettando, mi trovo di fronte alla sala d’aspetto vuota. Sento le voci, ma non vedo nessuno. Dove sono?
“Ehi… Sono tornata.”
La prima testa che vedo sbucare dall’ambulatorio più vicino è quella di Giulio.
“Melissa! Come stai?” esclama precipitandosi verso di me.
“Meglio, grazie.” rispondo abbracciandolo.
“Sei in splendida forma.”
“Oh, grazie…”
Adoro quando riesco a fingermi indifferente ai complimenti, quasi ci fossi abituata: sembro decisamente più credibile.
“Forse dovresti ringraziare il gatto che ti ha attraversato la strada…”
La battuta è di cattivo gusto, ma come dargli torto? Se ora ho un ragazzo, il merito è solo di quel gatto.
Anche gli altri colleghi vengono a salutarmi, all’appello manca solo Cristina.
Tutti hanno una frase gentile, un bacio, un abbraccio, Giulio, invece, mi offre un caffè. Mi prende a braccetto e mi scorta fino al distributore.
“Macchiato vero?”
“Macchiato.”
“Belle le scarpe.” dice indicandole.
“Sono anche comode.” preciso.
“Tutto il look è wow… Novità?”
Anche se ha intuito che qualcosa è cambiato, non ho tempo di raccontargli che ora ho un ragazzo, che il mio cane fuggito è già stato ritrovato e che ho una missione da portare a termine.
“Le solite cose…” dico disinvolta. “Come ve la cavate senza di me?”
Giulio mi passa il bicchierino, fa la sua selezione e mi risponde:
“Abbiamo avuto giornate intense, ieri è mancata anche Cristina… ha detto di aver avuto un problema familiare…” bisbiglia.
“Davvero ha detto così?”
So che non dovrei sorprendermi, conosco bene la ragione della sua assenza, ma la sua giustificazione mi ha colpito.
“Ha detto proprio così… tu ne sai niente?”
“Posso scoprirlo…” dico tenendolo sulle spine. “Lei dov’è ora?”
“In sala raggi, sta controllando delle lastre.”
Butto il bicchierino, gli do una pacca sulla spalla e salgo al piano di sopra.

Giunta di fronte alla sala raggi, busso alla porta.
“Sì, chi è?”
La apro e sono davanti a lei.
Mi guarda, lascia cadere le lastre che ha per le mani e si avvicina.
“Melissa! Ciao… Dimmi di Max.”
“Sta bene, è a casa… grazie.”
Odio ammetterlo, ma la parte di me che si era abituata a disprezzarla si sta ricredendo.
“Come sono felice!” esclama battendo le mani. “Mi sono sentita così in colpa! Ho addirittura perso il conto delle volte che mi sono data della stupida per aver lasciato aperto il cancello…”
Anche tutto ciò che dice sembra diventato improvvisamente perfetto.
“Puoi perdonarmi?”
I suoi occhi, la sua voce flebile, quel tono sinceramente dispiaciuto… non basteranno: voglio qualcosa in cambio.
“Max è tornato: non pensiamoci più.”
Non riesco nemmeno a finire la frase, le braccia di Britney mi avvolgono e io non posso astenermi dal ricambiare.
I corpi lentamente si allontanano, sento un leggero imbarazzo e siamo occhi negli occhi.
“Senti, come procedono i preparativi della festa?”
Lo dico così, come se volessi alleggerire l’atmosfera, parlando del più e del meno.
“Oh! Bene. Benissimo.”
Questo non basta.
Si allontana, torna dietro alla scrivania, alle lastre che ha abbandonato poco fa. Capisco al volo che non sarà facile scucirle quel nome, ma lo avrò — a ogni costo.
“Hai deciso il Dress Code?”
Cristina solleva lo sguardo piano piano, è sorpresa. Peccato che io fatichi a capire per cosa lo sia. Perché ho usato questo termine in modo appropriato? O per averlo pronunciato con questa nonchalance?
Socchiude gli occhi, mi fissa, poi le sfugge un sorriso.
“Sai… non dovrei dirtelo…” bisbiglia.
Si avvicina alla porta per controllare che sia chiusa: sta per confessare.
“Mi ero ripromessa di rivelarlo solo una settimana prima della data… sai, volevo un effetto sorpresa, capisci cosa intendo?”
Questa è una kamikaze.
“Ma di te posso fidarmi… sì insomma, ti ho perso il cane e non mi hai ucciso..’.”
Anche su questo non posso dissentire.
“Sono eccitata!”
Io preoccupatissima.
“Ho scelto un tema così originale che tutte impazziranno…”
“Spara!” dico fingendomi entusiasta.
“Sei pronta?”
Mi verrà un’emorragia nasale.
“Prontissima…”
È così emozionata da sembrare un razzo che sta per essere lanciato in orbita: manca solo il conto alla rovescia.
“Conigliette di Playboy!”
La mascella si è bloccata: la bocca non si chiude.
“Non è fantastico?”
No.
“Audace…”
È tutto ciò che riesco a dire.
“Sarò uno spasso!” dice scuotendo le lastre per aria.
Uno spasso? Ce la vede Cassandra incinta con un costume succinto che la fa sembrare un cotechino sottovuoto? E Jerôme starebbe pure peggio. Come glielo dico: ‘ciao Jerôme devi vestirti da coniglietta di Playboy’? Stiamo parlando di un importante autore francese: non posso rovinargli la reputazione. Non mi resta che giocare a carte scoperte.
“Anche io ho un’informazione top secret…”
Cristina pende dalle mie labbra.
“Mi ero ripromessa di non svelarla affatto, ma per te posso fare un’eccezione: ho un ospite a sorpresa.”
Britney ha acceso lo sguardo, muore di curiosità: ce l’ho in pugno.
“Davvero? E chi è?”
Se è segreto… vorrei sottolineare. Non penserà davvero che glielo dica?
“È un pesce troppo grosso: credimi. Talmente grosso che credo spetti a lui a decidere il Dress Code.” dico decisa.
“Non se ne parla: il mio Dress Code non si tocca!” ribatte.
Ha fatto fuggire il mio cane e pensa di uscirsene così? Non credo abbia capito chi ha di fronte.
“Sono riuscita ad agganciare un idolo di Cassandra e non posso dirgli che il Dress Code è conigliette di Playboy, mi spiego?”
“E chi sarebbe questo idolo?”
Mi sta sfidando?
“L’informazione è strettamente riservata.”
“Non mi faccio soffiare il Dress Code da uno che non conosco.”
Non posso dirgli la verità.
In quel momento, l’unica persona che mi viene in mente è l’ultima che mi ha tirato fuori da guai: Enrico.
“È uno stilista…” mormoro.
“Questo non basta.”
“Un famoso stilista… il suo preferito.”
“Sì, certo, ora mi dirai che è Karl Lagerfeld…”
Karl chi? Non lo conosco, ma il nome è altisonante: mi piace.
“Come hai fatto a indovinare?” dico sorridendo, cercando di reggere il bluff.
Mi guarda sbalordita, non crede alle sue orecchie.
“È la verità?”
“Te lo avevo detto che era un pesce grosso…”
“Di’ pure a Karl che sarà un piacere indossare ciò che la sua mente geniale deciderà per l’occasione.”
Fa quasi un inchino: è un concentrato di emozione e dedizione e io non ho idea di chi sia.
“Riferirò.” dico allontanandomi per raggiungere l’uscita. “Ti aggiorno.”
E mentre esco dalla clinica trionfante, decido che è giunto il momento di festeggiare: vado da Venere a farmi un regalo. Ma prima, scrivo a Jerôme.

 

VENTIQUATTRESIMO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova