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1 Nov

La morte di fa bella…e non è il film con Meryl Streep

storie di ordinaria follia

storie di ordinaria follia

 

L
e mie amiche mi chiedono spesso perché sia così appassionata di makeup e skincare, e non è facile spiegarlo in due righe. Questa passione è nata quando ero bambina, quando ho iniziato a capire il grande potere del makeup.
Guardavo mia mamma truccarsi in bagno,  prima di uscire per andare al lavoro, ed ero incuriosita dai colori che, fino ad allora, avevo utilizzato solo per disegnare personaggi dei cartoni animati, ed ero affascinata dalle sfumature che creavano sulla palpebra, sul viso, sulle guace e sulle labbra. Notavo che la sua espressione cambiava, che i colori si amalgamavano all’incarnato, in un gioco di luci e ombre che mi lasciava esterrefatta. È stato allora che ho capito che quei colori racchiusi in cialde dalle forme originali, se usati bene, con poco sforzo, potevano valorizzare e trasformare i tratti del volta. Sembrava un sortilegio magico agli occhi di una bambina che era ancora ben lontana da quel mondo, ma che già sapeva che pennelli e colori avrebbero sempre fatto parte della sua vita. E così, arrivò il momento in cui avrei potuto sperimentare su di me: il mio viso era una tela bianca su cui poter dipingere. All’inizio, chiaramente, sembravo un quadro cubista, visti gli accostamenti improbabili, ma piano piano arrivavo a soluzioni accettabili diventando più sicura nell’utilizzo di polveri, creme, pennelli e tutto il resto. Poi il boom dei tutorial di makeup su YouTube fece il resto.
Molte donne pensano che il makeup sia superfluo, superficiale, troppo impegnativo, un linguaggio troppo difficile da apprendere. Infatti noi donne contemporanee siamo portate a pensare che il makeup sia una velleità della nostra epoca, ma in generale non si tende mai a guardare indietro per capire il presente. Eppure il passato insegna, anche in fatto di makeup.
E per citare Vulvia, uno dei personaggi di Corrado Guzzanti che preferisco, lo sapevate che nella civiltà egizia, dieci mila a. C., la cosmesi era un importante elemento della vita quotidiana?
Vi stupirà sapere che i primi a utilizzare il make-up furono i sacerdoti egiziani, ed erano uomini. Si truccavano per celebrare funzioni religiose e applicavano sugli occhi e sulle sopracciglia una pasta scura, fatta di un mix macinato di cenere, ocra, piombo, rame, realgar e solfuri di arsenico, tenuti insieme da un unguento grasso chiamato “kohl” (Kajal nella cultura araba). Questi uomini ritenevano che Il trucco avesse un significato spirituale, che fosse gradito agli dei, e che li proteggesse non solo dal male, ma anche dai raggi del sole.
Sin da tempi molto antichi si usavano abitualmente rossetti, ciprie colorate ed eyeliner primordiali non solo per fini estetici, ma oli e creme che venivano applicati per proteggere la pelle dal caldo torrido o dal vento. Nella Grecia antica, il pallore del viso, era sinonimo di bellezza aristocratica: la pelle bianca è sempre stata un simbolo di nobiltà, mentre la carnagione scura era tipica delle classi inferiori, di chi lavorava nei campi o all’aria aperta.
Si diffuse così l’abitudine di applicare sul volto la biacca, una polvere di bianco di piombo, un pigmento pittorico inorganico costituito da carbonato basico di piombo. La biacca venne utilizzata anche dalle donne romane, le quali però aggiungevano al composto anche del rosso di piombo, per dare un riflesso roseo alla pelle del viso.
Nel paese del Sol Levante, il trucco risale a tempi antichissimi, basti pensare alle
geishe giapponesi. Nella cultura asiatica, lo standard di bellezza prevedeva un volto pallido: chiaro segno di nobiltà. E la biacca, che ha avuto un grande successo nella storia del make-up, la ritroviamo ancora nel Rinascimento. La Regina Elisabetta I era famosissima per il suo pallore, ottenuto proprio grazie all’uso di questo pigmento, ma nella versione più moderna dell’epoca veniva chiamata “Maschera di gioventù”. E nello stesso periodo, anche le donne meno abbienti, per cercare di riprodurre lo stesso effetto pallido, applicavano sui loro volti gli albumi d’uovo.
Ma anche i capelli hanno avuto il suo perché. Nel 1700, andavano di moda le capigliature enormi, solo con questo rapido accenno, vi verrà in mente la famosa regina di Francia, Maria Antonietta, nota infatti per le sue acconciature estreme, spesso realizzate grazie a strutture di legno per sorreggere tutto l’ambaradan, e per lo styling veniva utilizzato del grasso. Di quel periodo infatti si ricordano i cattivi odori, perché diciamolo, donne e uomini non si lavavano molto spesso.
Per finire, nei primi del ‘900, uno dei must have del mondo beauty era il mascara per ottenere ciglia lunghe e fitte. In quegli anni, si diffuse il Lash Lure, una tintura per sopraciglia e ciglia che si rivelerà poi essere mortale. La base di questo cosmetico, infatti, era del catrame di carbone tossico. E nei secoli ha mietuto diverse vittime. Ma niente panico, fortunatamente, per la gioia di tutti, oggi abbiamo dei cosmetici che non contengono sostanze pericolose per la salute, grazie alle nuove tecnologie e alla ricerca scientifica. Infatti  il makeup continua a essere sempre più presente nella vita di ogni donna. Truccarsi non vuol dire trasformarsi in statue pronte per essere esposte in un museo delle cere: non è ciò a cui aspiriamo. Non vuol dire seguire gli stereotipi proposti dai social e assecondare la moda del momento, ma creare una visione personale tramite un approccio positivo al makeup e servirsene come una bacchetta magica per sentirsi libere e a proprio agio in qualsiasi circostanza, senza per questo sentirsi frivole o superficiali. In fondo, guardarsi allo specchio dopo aver applicato un velo di trucco e piacersi non ha mai ucciso nessuno.
 Testo e illustrazione di Valeria Terranova