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3 Feb

Se il mio computer potesse parlare…

ENRICA ALESSI SCRITTRICE

S

e il mio computer potesse parlare direbbe che ha pubblicato più di mille e settecento articoli per questo blog e che la mia riconoscenza nei suoi confronti lo ha spiazzato parecchio visto che per lui non ne ho scritto neanche mezzo. A questo punto, credo che se decidesse di vendicarsi esplodendomi in faccia – come ha fatto suo cugino con la professoressa Valerie Lewton in Final Destination – non mi offenderei. E le mie mancanze non finiscono qui, il mio computer ha il monitor sempre sporco. Mitragliato da piccoli puntini indefiniti che credo provengano dalla mia cavità orale, più precisamente dalle ghiandole salivari. Strano, perché mentre ci lavoro mi sembra di stare in silenzio, e invece, penso a quanti accidenti gli tiro ogni volta che si inceppa – o quando arrivano le mail del commercialista – e lì, mi rendo conto che è saliva davvero. La tastiera? È sempre sporca anche lei. Briciole incastrate tra i tasti J e K, tracce di yogurt greco vicino al mouse e una piccola bruciatura di sigaretta sul tasto Q. E non si trova in questo stato per mancanza di attenzione, ma perché il terrore di danneggiarlo supera di gran lunga la mia ossessione per l’igiene. #MeglioSporcoCheFuoriUso. La sola cosa carina che ho fatto per lui in questi anni è stata dargli un nome: ho preso ispirazione da quello di Tony Stark, J.A.R.V.I.S., ma tenendo conto che lui non parla ed è un filo più limitato, G.E.R.V.A.S.O. mi è sembrato perfetto. Se il mio computer potesse parlare direbbe che il mio affetto glielo dimostro da schifo, ma a conti fatti, passo più tempo con lui che con mio marito e solo lui conosce ogni mia idea, ogni mia follia. È una parte di me: la sola capace di dare vita ai miei pensieri attraverso le parole.

If my computer could talk “he” would say he has published more than one thousand seven hundred articles on this blog and that my gratitude towards him had left him speechless, since from his point of view I haven’t quite written half of it. At this stage, I think that if the computer decided to rebel against me and explode on my face – as its cousin did on Valerie Lewton in Final Destination – I would not be offended.  My shortcomings don’t end here, my computer’s monitor is always dirty. It’s scattered by small indefinite dots that I believe coming from my oral cavity, more precisely from my salivary glands. Weird, since I don’t think I don’t converse while working on it, it may be that I swear every so often, when it gets stuck – or when I receive an e-mail message from my registered accountant – that’s when I realize a really spit. How about the keyboard? Always dirty too. Crumbs stuck in between the keys  J and K, traces of Greek yogurt near the mouse and a small cigarette burn on the Q key. No way this is due to lack of attention, but to the fear of damaging it is far superior than my hygienic obsession #BetterDirtyThanOutOfUse. The only nice thing I have done for “him” over the years it was giving him a nickname: I gathered inspiration from that of Tony Stark, J.A.R.V.I.S., keeping in mind that he doesn’t speak and that he is a little less capable, I thought G.E.R.V.A.S.O. would be just perfect. If my computer could talk “he” would say that I am no good at showing my affection, but all in all, I spend more time with him than with my husband, he knows everything that’s on my mind, any idea and folly. He’s a part of me: the only part able to bring my thoughts to life through my words.

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