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25 Ott

The smile’s factory

ENRICA ALESSI

Davanti a Dio siamo tutti uguali e quando arriva il momento del giudizio universale, spesso e volentieri, lui ci mette una pietra sopra per perdonare i tuoi peccati, ma le fototessera della patente, della carta d’identità o del passaporto ti condannano per direttissima. Nessuna pietà. Sopra la tendina che precede l’ingresso della Photomaton, proprio sotto la scritta principale Fototessere in 5 minuti, dovrebbe leggersi: – in piccolo, come ogni clausola vessatoria che si rispetti – Lasciate ogni speranza voi che entrate. Se ti va bene, hai otto scatti a disposizione, non uno di più, come vieni, vieni e il risultato lo appiccichi sul documento che ti serve. I più fighini staranno pensando: pezzente, ma che te credi che per una cosa da esibire tutta nà vita, ce famo immortalà da nà macchinetta? Noi annamo dar fotografo de fiduscia, che ce rifà la foto fino a quanno non vene come disciamo noi! È vero, ma se per strada di macchinette così se ne trovano ancora, vuol dire che da lì, chi prima, chi dopo, ci passano tutti. Negli anni ’90, se non facevi una foto in compagnia o eri un ladro o eri una spia, le immagini scattate nel piccolo teatrino, erano le sole ammesse sul diario di scuola, mica potevi sceglierne una dall’album di famiglia. Se ti permettevi di sottrarre quella della prima comunione con il vestito buono, tua madre, prima, ti rompeva di mazzate, poi, ti denunciava per appropriazione indebita. Meglio usare la fabbrica del sorriso, in cui basta una tenda per isolarti dal mondo e spararti le pose lontano da occhi indiscreti. Un loculo tra il kitsch e il trash, che è stato il precursore dei mezzi moderni con cui, oggi, immortalarsi è quasi un’esigenza. E se il risultato prodotto, vero o finto che sia, è un sorriso, non è poi così male. 3, 2, 1, chees!

We’re all the same before God’s eyes and when the doomsday comes He often buries the hatchet and forgives all your sins but, on the contrary, the photos on your driving license, ID or passport mean eternal damnation. No mercy. Just above the curtain at the entrance of the Photomaton and right below the writing “Photos in 5 minutes“, you should read: – of course not in capital letters as any vexatious clause deserves – Abandon hope all ye who enter here. You have eight shots at your disposal, no more, and then you stick the result on the document. Hipster people may be saying: what? we won’t be immortalized by a machine for a photo that will last forever, we’ll opt for a professional photographer who will shoot and shoot, over and over again, until the perfect pose is achieved! True, but if you still find Photomaton machines on the streets, this means sooner or later everybody passes by. In the nineties, it was in vogue to have photos with friends and these photos taken in that machine were the only one admitted on school diaries, no family album pictures allowed. If you dared to steal from the album a photo taken by your parents where you were nice and well-dressed, you mum would have been upset and accused you of misappropriation. Much better the smile’s factory where you just need a curtain to isolate from the rest of the world and strike your poses in total freedom. A location suspended between kitsch and trash but still the forerunner of today’s media immortalizing every single moment of our life. And if the final result, either fake or real, is a smile, well, it’s always worth it. 3, 2, 1, say cheese!

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MOSCHINO FALL WINTER 2015

The smile's factory

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 Body: FAUSTO PUGLISI

Pants: MOSCHINO

Jacket: MOSCHINO

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