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11 Gen

Un boss sotto stress…e non è il film con Robert De Niro

storie di ordinaria follia

storie di ordinaria follia

 

L

a prima volta che ho incontrato Enrica,  sapevo che non sarebbe stata l’ultima. Non potevo immaginare come le nostre vite si sarebbero intrecciate, ma è successo. Lei è il mio capo/sorella/amica.
Nome in codice ‘Alessia’. Sì, perché tutti si sbagliano, confondono il cognome con il nome  e la chiamano sempre così. Ce ne siamo fatti una ragione ormai. Durante le vacanze di Natale, Alessia mi ha chiesto di scrivere questo articolo e ho accettato senza riserve, a suo rischio e pericolo. E anche se c’è una possibilità che possa pentirsi di avermi dato carta bianca — non mi chiamerei Ringhio — ormai è troppo tardi. Il nostro non è un rapporto di lavoro come tutti gli altri. Non siamo come Miranda Priestley e Andy Sachs ne ‘Il Diavolo veste Prada’ per intenderci. Le nostre telefonate iniziano in mattinata e sono scandite dai miei ‘Scusa amo, che hai detto?’ e ‘Amo non ho capito. Puoi ripetere?’Alessia riesce a dire 975487484 parole al secondo, in emiliano, qualche volta le scappano anche alcune espressione in dialetto locale e per una siciliana non è facile capirla: si tratta di un’operazione di traduzione simultanea non da poco. Potrei prendere un attestato, ora che ci penso. Alessia non dorme. Non riposa mai. E io ne ho le prove. La mattina, apro gli occhi e trovo i suoi messaggi — almeno quelli sono scritti ed è più facile capire — con le cose da fare o con le riflessioni lavorative. Le ha scritte alle 00.59, alle 1,32, alle 2,07 e io a quell’ora non riuscirei a formulare frasi di senso compiuto nemmeno per sbaglio o sotto ipnosi. Ma quando ci vediamo e dormiamo nella stessa stanza, allora mi vendico. Non importa se la mattina successiva dobbiamo alzarci all’alba per prendere un treno, quando succede, sono io che comincio a parlare, la stendo, la mitraglio di parole, affrontando argomenti che spaziano dalla politica interna ed estera, all’impasto della pizza migliore del mondo. La mia tattica è infallibile: si addormenta, lasciandomi sola con il mio monologo e con una domanda esistenziale ‘Enri, dormi? Enri???’ Io sono una rompipalle di professione — ma anche lei mi ama per questo — e lei è una fuoriclasse. Se ci fosse un Pallone d’Oro, un Oscar, un David di Donatello, un Nastro d’ Argento per la categoria sono certa che lei lo vincerebbe a pieni voti. Lei è la sorella che mi mancava… non che ne avessi bisogno eh, ma il destino tante volte si prende la libertà di decidere per te e infatti… avete presente il film ‘L’attimo fuggente?’ Ecco. Alessia ha sicuramente capito il significato di ‘Carpe Diem’. Sembra che abbia un radar, un drone, uno spirito guida che sa indicarle con precisione il momento perfettamente inopportuno per selezionare il mio nome tra le chiamate recenti, perché ogni volta che mi telefona, io non riesco mai a rispondere. O sono all’università a dare un esame, o dal veterinario con il mio cane, o in palestra durante una masterclass di body pump, alla cassa del Conad… insomma, non c’è speranza. Ma la cosa che più ci lega, che ci rende anime gemelle mancate, è senza dubbio la sfiga. Le nostre vite sono apparentemente come due treni su due binari paralleli, ma molto più simili di quanto si possa immaginare. Siamo due rarissimi esemplari di portatrici sane di sfiga, in pratica ce la passiamo solo tra di noi. Noi deteniamo un primato, un primato che ci spetta di diritto, a tutti gli altri diciamo: #scansateveproprio.  Insomma, descrivere il proprio capo — questo era il compito che Alessia mi ha assegnato — può sembrare semplice, ancora di più se ci cerca di fare bella figura usando appellativi ‘carini e coccolosi’, ma per noi è diverso, noi abbiamo un rapporto di sorellanza e amicizia ed è un po’ più complesso. E poi c’è la sfiga, vuoi mettere come ti unisce la sfiga? In questi anni ne abbiamo passate di cotte e di crude, ma siamo riuscite a creare dinamiche particolari per cui riusciamo a capirci al volo, anche senza parlare. E vista la velocità verbale di cui parlavo all’inizio, questo mi agevola. E non posso continuare a scrivere cosa sia lei per me, perché rovinerei la parte a lei dedicata nei ‘Ringraziamenti’ della mia tesi, però posso dire che è stato il bene sincero che ci vogliamo a farci andare avanti, a insistere, ad arrivare al risultato che desideravamo. E la strada è ancora lunga e non sono previste discese verso i traguardi. Ma di una cosa sono certa: so che continueremo a tenerci per mano percorrendo la salita. Quindi Alessia, preparati. La primavera è dietro l’angolo.

 

Testo e illustrazione di Valeria Terranova