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26 Apr

Lo scalpo di Britney

Not For Fashion Victim Enrica Alessi scrittrice romanzo

Not For Fashion Victim Enrica Alessi scrittrice romanzo

 

“C

 

iao Jérôme, sono sempre Melissa, l’amica di Cassandra, quella dell’autografo (quella che ti ha scritto anche tre giorni fa.)
Immagino che da Dior ti spremano con un limone, visto che non hai risposto, e così, ho pensato di riscriverti.
Volevo informarti che il tuo libro è arrivato oggi con Amazon, e mi piacerebbe fissare un appuntamento per avere il tuo autografo.
Il perdono di Cassandra dipende solo da te !
Fammi sapere.
Melissa.”

Questa era la terza voce della lista ‘cose da fare prima di andare al lavoro’, preceduta da: vestirsi e portare fuori Max per una passeggiata, ora viene la quarta: controllare l’ordine di Zara.
Ebbene sì, ho detto addio alle sneakers smangiucchiate da Max. A dire il vero, le ho sotterrate in giardino: non potevo separarmene davvero.
Un giorno Max le troverà, le ridurrà finalmente a brandelli — coronando il suo sogno di cucciolo — e Cassandra comincerà a strillare, ma anche questi sono dettagli.
Le ho provvisoriamente sostituite con un paio di Ugg. Così su due piedi — con meno due gradi e un’influenza alle spalle — non mi sono sentita di passare subito a un paio di ballerine bicolore, ma ho pensato che servisse qualcosa di nuovo per svoltare, e ho ordinato una sneakers in pelle nera, sobria, elegante e comoda. La spedizione è prevista per oggi.
E ora viene la quinta: distruggere Britney.
Voglio il suo scalpo.
Si chiama Cristina e la detesto.
La detesto anche quando non apre bocca, quando è ferma e immobile al computer a preparare le terapie, anche quando si alza per andare in bagno. Non posso farci niente: la detesto a pelle.
Voce sensuale, sguardi sfuggevoli, pose svenevoli — giusto per citare Giorgia —
la guardano tutti e io, che sono l’unico altro essere femminile del piano, è come se non esistessi.
Lei è 100% sexy, e quel che è peggio, senza fare nessuno sforzo. E non è solo questo, è anche la classica tipa che ha ben chiaro il suo potenziale, e non perde occasione per fartelo notare.
Solleva il sopracciglio, assume lo sguardo da ‘abbella: levate proprio’ e ti scansa, sfiorandoti, mentre si butta i capelli dietro le spalle come una delle Charlie’s Angels.
Il suo atteggiamento da prima donna — quando è solo l’ultima arrivata — ha svegliato il mio desiderio di mostrare quanto valgo.
Ora non è più il matrimonio di Cassandra il vero obiettivo, la posta in gioco è molto più alta: odio perdere, specie con una come lei.
Anche io possiedo uno stile: — da quasi 36 ore per essere esatti — comodo, semplice e sobrio, come piacerebbe a Coco.
Ci ho dato dentro, ho rinunciato a tre ore di Fox Crime e sono andata avanti con la lettura: Nel 1913, Boy apre per Chanel un nuovo negozio a Deauville, vicino al Gran Casinò e all’albergo più lussuoso del posto. Tutto è ispirazione: anche l’abbigliamento dei marinai al lavoro, che Coco reinterpreta a modo suo.
Qualcuno la critica perché attinge il suo stile dalle classi più povere, ma è la vita comune delle persone che la circondano ad ispirarla, conferendo al suo abbigliamento quella praticità che lo distingue.
Nell’estate del 1914, Chanel Modes decolla. Le famiglie più facoltose della Francia trascorrono il periodo estivo nella località di Deauville, e le signore possono acquistare cappellini ed abiti leggeri da Chanel, ma alla fine di luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia e l’Europa inizia a muoversi verso il primo conflitto mondiale.
Coco vede la sua clientela migrare di ritorno verso la capitale, il suo istinto le suggerisce di chiudere i battenti, ma è Boy a dissuaderla.
Grazie ai suoi giacimenti carboniferi con cui rifornisce gli Alleati, viene a contatto con personalità influenti, e attraverso i suoi contatti, viene messo a conoscenza di informazioni segrete.
In agosto, la Germania dichiara guerra alla Francia e mentre i giovani uomini francesi si arruolano, le mogli fanno ritorno a Deauville, dove si impegnano in opere di volontariato per assistere feriti. Chanel è l’unico negozio di abbigliamento rimasto aperto e offre capi di vestiario che, in quella situazione, si presentano pratici e adatti alle esigenze.
Deauville è un successo. Nell’estate del 1915, Chanel apre anche a Biarritz, al confine con la Spagna neutrale, e le ricche signore spagnole adorano i suoi abiti. Ma nel 1916, la stoffa scarseggia e Coco ha bisogno di un materiale povero simile alla maglia con cui creare capi di lusso. Acquista dall’industriale tessile Jean Rodier una partita di jersey lavorato a macchina. Rodier dice che è inadatto, si sforma, fa le pieghe, si raggrinzisce, ma a Coco non piace essere contraddetta.
E poi c’è il contratto sottoscritto per Rue Cambon, che prevedeva che il negozio vendesse solo cappelli, per tutelare un’altro negozio d’abbigliamento nei paraggi, e il jersey, fino ad allora destinato alla biancheria, non è considerato un materiale per vestiario da donna e diventa il mezzo con cui aggirare i termini contrattuali.
Crea per se stessa un completo di una semplicità quasi monacale: una gonna e una giacca tre quarti che non mette in evidenza il punto vita. Questo è solo il primo dei modelli, ma il primo pubblicato da Harper’s Bazaar è un vestito con una scollatura che si apre su un gilet di foggia maschile, stretto in vita con un foulard.
La lunghezza è molto più corta rispetto ai canoni dell’epoca, l’intera caviglia è a nudo, ma la vera rivoluzione di Chanel non si limita solo a questo o alla scelta di materiali innovativi; un tempo era la componente decorativa la preoccupazione di ogni stilista, Coco, invece, dà importanza alla silhouette, alla linea, che prevale eliminando gli ornamenti superflui, i fronzoli, e tutto ciò che ne altera la purezza.
In quegli anni, Chanel fa la conoscenza di Misia Sert, una pianista di origine polacca, sposata con il fondatore della rivista d’avanguardia Revue Blanche, la donna che la introduce nel mondo degli artisti e degli intellettuali.
Misia e Coco si conoscono a una festa, Misia si complimenta con Chanel per il suo cappotto, lei se lo toglie, lo appoggia sulle sue spalle e glielo regala.
Grazie a questa amicizia, Chanel fa la conoscenza di Paul Morand, Pablo Picasso, Jean Cocteau, Max Jacob, Igor Stravinsky e di molti altri artisti di quel periodo.
Gabrielle è sommersa di lavoro, da qualche mese non ha più tempo di controllare i conti, sa che gli affari vanno bene, ma non fino a che punto.
Chiede al suo contabile i registri di cui lei non capisce nulla, e gli chiede quale somma può prelevare senza mettere in pericolo la casa di moda: la cifra è tale da permetterle di restituire a Boy tutto ciò che le ha anticipato fino a quel momento. Aggiunge una somma di interessi che ritiene adeguata e il giorno seguente, fa trasferire dal suo conto a quello di Boy l’intero prestito, senza alcun preavviso, Chanel sa bene che non sarebbe disposto ad accettarlo.
Quando la banca lo avvisa del ricevimento della somma, Boy è contrariato, ma un giorno di settembre, mentre passeggiano sulla spiaggia di Biarritz, con un po’ di tristezza le dice: “Credevo di averti regalato un giocattolo, e invece ti ho dato la libertà.”
Ma denaro e indipendenza non possono cancellare le umili origini di Chanel.
Boy e Coco sono legati in una relazione intensa e profonda da una decina d’anni, ma gli uomini rispettabili di quel periodo non sposano le loro amanti illegittime, neppure se una di loro diventa un esempio classico di eleganza e buon gusto.
Boy confessa a Coco la verità, che entrambi avrebbero voluto continuare a tacere: anche se è innamorato di lei, non potrà mai sposarla. La celebrità non basta a renderla rispettabile per gli ambienti aristocratici che frequenta.
Nel 1918, Boy si fidanza con Diana Lister Wyndham, per rafforzare la sua posizione sociale. Qualcuno insinua che si tratti di un matrimonio riparatore, ma a Coco non importa, a lei non spetterà altro che il ruolo di amante, e l’appartamento in cui ha sempre vissuto con Boy non diventerà mai la loro casa.
Ma stare lontano dal vero amore è difficile anche per una donna determinata come lei. Nell’autunno dello stesso anno, Chanel si trasferisce in uno dei suoi appartamenti di Parigi e Boy, nonostante sia già sposato, la raggiunge ogni volta che può.
Arrivano le vacanze di Natale: lui le trascorre con la sua famiglia nel sud della Francia, Coco rimane a Parigi con amici.
Ma nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, Boy, in viaggio da Parigi verso Cannes, ha un grave incidente stradale e muore.
Chanel riceve la notizia la notte stessa, non dice una parola, non emette un grido, non versa una lacrima. Appena ripresa dallo sgomento, chiede al suo autista di condurla nel luogo dell’incidente, dove arriva solo all’alba di tre giorni dopo.
Coco fa il giro dell’auto, o di ciò che ne rimane, tocca a tastoni i rottami semi-carbonizzati, che esalano ancora un odore di caucciù bruciato. E lì, su ciglio della strada, china il viso verso il basso e piange: Chanel ha perso l’unico uomo che abbia mai amato.
Credo che avrebbe definito in modo diverso il mio “feriti dentro, belli fuori”, ma dopo la perdita Boy, Gabrielle si dedica al lavoro in modo totale e inizia a prendere in considerazione l’idea di creare un profumo, senza immaginare che diventerà il più famoso al mondo.
E pensare che io non so nemmeno come sia fatto. Be’, a dire il vero lo so: è il profumo di mia nonna e questa cosa mi ha sempre scoraggiato, ma forse ci vuole tempo per apprezzare certe cose.
Fondotinta, cipria, mascara e lucida labbra, invece, sono quelle di cui ho bisogno subito.
Oggi, verrà a farci visita un collega importante, specializzato nella cura di animali esotici, e non posso farmi eclissare da quel burattino melenso.
Cassandra sta ancora dormendo, mi infilo nel suo bagno e inizio a truccarmi.
Dopo dieci minuti, sono pronta.
Mi guardo allo specchio, quello che sta dietro la porta, e vedo la mia figura per intero. Ammetto che il risultato è decisamente migliore del mio solito ‘acqua e sapone letterale’, e anche il look non è male: migliora a vista d’occhio.
Non credo che sarò mai pronta per una collana di perle, ma il total black che ho scelto, Cassandra lo promuoverebbe all’istante: ho preso tutto dal suo armadio.
Dolcevita, jeans skinny+ cappotto in tweed e borsa di pelle. Solo gli Ugg sono miei, e anche se non c’azzeccano un granché, nell’insieme non mi dispiacciono.
Guardo l’orologio, il mio tempo è scaduto, abbraccio Max e con il mio look da ‘ora Britney faccio nera anche te’, esco di casa.

 

SESTO EPISODIO

Illustrazione: Valeria Terranova