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6 Lug

La mamma viene sulla terra per ripetere le cose

Enrica Alessi Storie di Ordinaria Follia

Enrica Alessi Storie di Ordinaria Follia

Q

uando una mamma sgrida i bambini e chiede loro se hanno capito, nove volte su dieci, dicono di sì, ma stanno mentendo. La mamma è metodica, poco pretenziosa, basica e le cose che ripete sono sempre le stesse: mettete in ordine, non litigate, lavatevi i denti, adesso è ora di dormire. E la più audace di tutte: ascoltatemi quando parlo. Fantascienza.

La mamma è venuta sulla terra per tre ragioni:
1. Ripetere le cose
2. Ripetere le cose
3. Ripetere le cose

A furia di ripetere, ha imparato che è meglio accertarsi che il bambino abbia capito e glielo chiede:
“Amore, hai capito?”
“Sì mamma.”
Quel ‘sì’ non viaggia da solo, ma in compagnia di uno sguardo struggente, capace di mostrare un pentimento che manco Ponzio Pilato, e la mamma vuole credere che la risposta sia sincera. La sua convinzione radicata si basa sulla fiducia: se il bambino ha detto che ha capito, sicuramente avrà capito. Ma dopo quattro minuti, il bimbo ricomincia da capo e la mamma si ritrova a dire le stesse cose che si era illusa di non dover ripetere mai più.
“Allora non hai capito?”
Questa è solo una domanda retorica, è chiaro che qualcosa è andato storto, ma cosa? Ed eccone una seconda: multipla, da segnare con una crocetta.

Perché tuo figlio dice che ha capito la ragione di un rimprovero e dopo cinque minuti — se ti va bene — fa uguale a prima?

A) Ha finto di ascoltare, mentre guardava la tv accesa alle tue spalle.
B) È un attore e vuole farti capire che devi credere in lui, sarà presto una stella del cinema.
C) Non gliene frega un tubo, tanto sa che tra un po’ glielo ripeti.

La mamma vorrebbe segnarle tutte e tre, ma spesso il quiz rimane in bianco, perché è troppo indecisa. Giura a se stessa che da domani, sarà una mamma più severa. Ma oggi è oggi e si convince che il bimbo merita un’altra chance. Ci parla di nuovo, usando parole diverse che hanno lo stesso significato, il bambino si ferma, rimane in silenzio, sembra ascoltarla. La sua espressione è così convinta che ora è lei a sentirsi in colpa. Quegli occhioni sono riusciti a capovolgere la situazione. Si redime, modificando un cincinnino la punizione severa a cui stava pensando, tra l’altro, la migliore partorita dalla sua mente, negli ultimi dieci anni. Si consola, pensando che ci saranno altre occasioni, e si decide a concedere una nuova chance. Conosco mamme che continuano a concederne finché non sopraggiunge un esaurimento nervoso, che si manifesta, spesso e volentieri, con una una sceneggiata alla Mario Merola, davanti al Luna Park, di fronte agli occhi scandalizzati di altre mamme, che hanno dimenticato di aver vissuto la stessa situazione, dieci minuti prima. E alla chance cento e uno, la mamma cambia il tono della voce e riformula una nuova domanda — retorica anch’essa.
“Hai capito sì o no che devi darmi ascolto?”
Lo sguardo pentito non funziona più: è chiaro che è necessario anticipare di un giorno la venuta dello spirito della mamma più severa. Ma anche punirlo sembra una tortura. Ecco dunque, che l’unica soluzione sembra essere il ricatto: quello che gli psicologi additano come un cattivo metodo rimane il più efficace di tutti. Espressioni colorite che diventano aforismi: Se cadi, ti do il resto; se ti sporchi, vai in giro nudo*, come ti ho fatto, ti disfo. Ma la formula non importa, vale solo una regola: se minacci il tuo bambino di togliergli quello a cui tiene di più, diventerà improvvisamente collaborativo. Provare per credere.

Illustrazione: Valeria Terranova