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21 Set

La grande bellezza…e non è il film di Paolo Sorrentino

enrica alessi scrittrice

enrica alessi scrittrice

N

el lavoro, abbiamo tutti un braccio destro: il mio si chiama Valeria, in arte Ringhio. È di dieci anni più giovane, e nonostante il soprannome, dietro cui si cela una lunga storia, è timida e riservata. Studia storia dell’arte ed è una delle persone più colte che conosca. Cosa abbia da spartire con me resta un mistero, ma di fatto siamo quasi sorelle, compagne di merende a seconda delle esigenze. È una fredda mattina di ottobre, Valeria mi chiama entusiasta per dirmi che l’ufficio stampa di una importante casa editrice ha richiesto i nostri servigi.
“Chi sono? Cosa vogliono? Due fiorini.”
“Allora amo, devi sapere…”
Il suo incipit classico: quello che mi fa capire che è meglio mettersi seduti. Giusto per non sbagliare, mi stendo sul divano.
“Sì…” dico estendendo il suono della vocale per enfatizzare il mio interessamento.
“Stavo dicendo: la casa editrice ci chiede di fare un’intervista a questa dottoressa, un chirurgo estetico di fama internazionale, che ha appena pubblicato il suo libro.”

Il concetto ‘facciamoci del male’ non è estraneo alla donne: noi siamo quelle della ceretta all’inguine, quelle dei parti naturali senza epidurale, quelle che sopportano il trattamento postoperatorio, dopo una mastoplastica additiva – ecco, questa non sono io — ma siamo anche quelle che hanno un carattere così forte da accettare di intervistare un personaggio di successo con un libro in uscita, quando stiamo ancora aspettando di pubblicare il nostro, con il mood del Gladiatore, ‘il tuo momento verrà’: questa, invece, sono assolutamente io.
“È perché vogliono me?” chiedo curiosa.
“Dicono che l’autrice ha visto il tuo blog, le piace il tuo modo di scrivere…”
“Di loro che va bene.”
Se davvero ha detto questo, mi è già simpatica e poi un chirurgo estetico può sempre fare comodo, specie alla mia età.

La casa editrice ci fissa un appuntamento per la settimana successiva, ho tutto il tempo per preparare le domande e siccome le aspettative sono alte, farò ancora più attenzione nel costruirle. Evito le banalità, mi concentro sugli stati d’animo e viene fuori una cosa che reputo discreta. Convinta di non avere per le mani la solita intervista, il giorno dell’incontro, sono euforica.  Certo è vero, il libro in uscita poteva essere il mio, ma ho letto il suo e non è niente male. Siamo sul taxi, io e Valeria indossiamo gli occhiali scuri: mi specchio nei suoi e sembriamo due agenti segreti. Entro nella parte, fingo che la destinazione — situata nella zona X al chilometro Y — ci stia portando nella zona top secret: dove si terrà l’interrogatorio. Immagino le luci basse, le domande pronunciate a bassa voce mentre il fumo di un sigaro offusca la stanza. La pioggia cade rumorosa, entra dalle fessure del tetto ormai sul punto di crollare, e goccia dopo goccia finisce in un secchio arrugginito, producendo un eco. Ma il taxi che si ferma davanti all’insegna: ‘Clinica di Bellezza’, incisa su una targa arzigogolata, smonta tutto il concetto ‘007’. Anche la mise che indosso, che vedo riflessa su uno dei finestrini posteriori dell’auto da cui sono appena scesa, non mi avrebbe resa credibile: un abitino in tweed senza maniche, sui toni del blu e del rosso, abbinato a un cappotto blu elettrico annodato in vita con un fiocco, e per concludere, una scarpa appropriata alla stagione: un sandalo completamente nudo in velluto rosso. Avrò freddo, ma è il mio porta fortuna.

Suono il campanello, la telecamera si accende, dico il mio nome, il cancello si apre. Sono di fronte a una grande scalinata di marmo, ad attenderci al portone, c’è una signora dai modi gentili.
“Prego, accomodatevi. La dottoressa sarà qui a minuti.”
Ci conduce in un’ampia sala illuminata, i raggi del sole mi solleticano il viso, mi siedo e il fascio di luce finalmente mi dà tregua. Anche Valeria si siede, ma appena la dottoressa varca la soglia, si alza di colpo per presentarsi. La sua stretta di mano è sicura: come piace a me — sarà per deformazione professionale. Ci sediamo, mentre la signora che ci ha accolto ci versa dell’acqua. Io e la dottoressa abbiamo appena fatto conoscenza e siamo già in sintonia, mi piace il suo sorriso rassicurante, credo che ricorderò per sempre questa esperienza insolita. E infatti, la cameriera fa scivolare uno dei bicchieri dal vassoio che finisce sul pavimento rompendosi in mille pezzi. La dottoressa disintegra la signora con lo sguardo. Anche io e Valeria ci mettiamo sull’attenti. Mi permetto di intervenire, nel tentativo di riscattare la posizione della poverina che sta morendo per l’imbarazzo, accusando la forza di gravità di essere la sola colpevole, ma la battuta non viene capita.
“Se avessi fatto attenzione, non sarebbe successo.”
Nonostante il volume basso della voce, riesco a percepire le sue parole, condite con una buona dose di rimprovero.
“Speriamo che le domande le piacciano o siamo fritte.” dico a Valeria bisbigliando.
“Ragazze venite, ci spostiamo in salotto.”
È un invito o un ordine? Sfrutto il tempo di questo breve tragitto per perfezionare il mio piano: deve filare tutto liscio. E se durante la registrazione del memo vocale mi chiamasse mia suocera? O le bimbe che sono con mia suocera? O Giaco? No, no, no: devo bloccare la SIM. La seguiamo timorose e prendiamo posto su un divano di pelle bianca. E mentre la signora torna con l’acqua che nessuno berrà per timore di fare danni, io ne approfitto per spegnere e riaccendere il telefono, disabilitando le sue funzioni. La signora si allontana e in sottofondo mi sembra di sentire Vasco che canta ‘Siamo solo noi’. Attivo il meno vocale e comincio la mia intervista. La dottoressa è simpatica, disponibile. Una donna che reputa la bellezza parte integrante di uno stato d’animo. Ricorrere alla chirurgia per migliorare il proprio aspetto è un incentivo alla felicità, ma non sempre è necessario intervenire, lei è la prima a sconsigliarlo, se non esiste una reale necessità. Io e Valeria siamo rapite dal suo carisma divertente, le domande ufficiali, da cui è rimasta piacevolmente colpita, si esauriscono in fretta e lasciano spazio a quelle più informali.
“Lei crede che il mio naso sia così terribile?” le chiedo indicandolo.
“È un naso particolare che conferisce identità al tuo viso: lo trovo assolutamente in armonia con il resto, non toccarlo.”
Quasi mi commuovo. Il naso è sempre stato un mio cruccio e ora che un chirurgo estetico di fama internazionale lo ha promosso, mi sento come Bridget Jones quando Mark Darcy le confessa di piacerle così com’è. Anche Valeria è curiosa di avere il suo parere:
“E il mio? Le piace?”
“Valeria… hai un viso da copertina.”
Ringhio arrossisce, è lusingata dalla sua affermazione che viene rincarata un secondo più tardi: “Valeria sei bellissima…”
“Grazie davvero. Grazie di cuore.”
L’emozione provocata dal grande complimento inaspettato è chiaramente visibile nei suoi occhi: sembra la nuova vincitrice di Miss Italia.
“Valeria sei bellissima, ma…”
E prima che la dottoressa possa concludere la sua frase, il cui tono assomiglia a quello di una mamma che fa l’appunto alla figlia, Valeria la anticipa:
“Devo dimagrire, lo so: appena mi laureo, mi metto a dieta seriamente, prometto.”
“Brava! Tu non hai bisogno di me, basta la tua volontà.”

I suoi modi, la sua schiettezza, la sua dialettica, tutto di lei mi conquista, quasi mi dispiace andarmene, ma il mio lavoro è finito. La salutiamo e nel calore del suo abbraccio sento che lei stessa è stata felice di averci conosciute. Il portone si chiude alle nostre spalle, sono eccitata al pensiero di mettermi al lavoro: trasformerò questa chiacchierata in una super intervista, mi dico, infilando gli occhiali da sole.

Arriviamo in albergo, riattivo le funzioni vitali del mio telefono e controllo i memo vocali, ma di quell’ora trascorsa con la dottoressa non c’è traccia.
“Valeria: la registrazione non c’è!”
“Com’è possibile?” mi chiede in preda al panico.
“Non lo so, non c’è.”
Sono disperata, sconvolta e letteralmente nei guai. Guardo i miei sandali e mi convinco che non siano questo grande porta fortuna, ma decido di non perdermi d’animo. Sono una professionista e anche se soffro di perdita di memoria a breve termine, come Dory, con un po’ di concentrazione e un’iniezione di fosforo, posso mettere insieme le parole e ricostruire la conversazione. Dopo una full immersion di ricordi e una serie di rielaborazioni fantasiose che rispetta la veridicità delle informazioni, l’intervista è pronta. Voglio che sia la dottoressa a leggerla per prima. Le scrivo, mi risponde entusiasta, sono felice. Felice di essere riuscita nella mia impresa eroica, felice di aver conosciuto una donna tanto interessante, felice di aver trovato il mio futuro chirurgo estetico: forse è vero che il mio naso le piace così com’è, ma ho sempre desiderato un paio di ginocchia più toniche.