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14 Dic

La carta di credito

crem's blog enrica alessi scrittrice

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U

n giorno qualcuno ha detto: quello che ha inventato il boomerang è lo stesso che ha inventato la carta di credito. E aveva ragione. Sarà fisica, chimica, o semplicemente la posta che ti recapita l’estratto conto, ma tutto quello che fai con lei ti torna indietro – spesso pure con gli interessi.  Io e la mia carta di credito abbiamo uno splendido rapporto di amore e odio, e a determinare l’andamento ciclico della nostra relazione sono i periodi in cui decido di usarla.

A inizio mese mi fa sentire come Tony Manero nella scena finale di Staying Alive: vado a farmi il mondo. Con il motivetto dei Bee Gees nelle orecchie, entro nel primo negozio. Scelgo il mio pezzo, mi avvicino alla casa – senza macchia e senza paura – e porgo alla commessa la carta di credito. Lei la fa strisciare dentro il pos, si avverte un piccolo calo di corrente. In realtà è un vero e proprio blackout, tipo quello che colpisce San Francisco quando arriva Godzilla: il segnale della transazione eseguita. Carica di adrenalina, riprendo la carta e la rimetto nel portafoglio come se niente fosse. Ma a metà mese, anche metà del plafond si è esaurito, e io mi sento come Rose sulla prua del Titanic: salti tu, salto io. Me ne frego se Vodafone ha deciso di addebitarmi la bolletta, se Sky vuole il canone mensile, se Mediolanum ha preteso la sua rata di pensione integrativa, sono pronta a lasciarmi cadere nel vuoto: come va, va.
Nel frattempo, la carta di credito si è nascosta nei meandri del portafoglio per auto-tutelarsi. Si è appiccicata alla tessera del Conad, al tesserino sanitario e non c’è verso di trovarla. Che mi stia suggerendo di lasciarla dove sta? Non esiste. La scovo e mi avvicino alla cassa stringendola tra le mani per evitarle di fuggire, la consegno alla commessa, ma con una raccomandazione: “prima di fare lo scontrino, controlli la disponibilità.”
Lei mi guarda con una faccia sospetta, quella di chi è indeciso se chiederti un documento o chiamare la polizia. Buona la prima. Le consegno la patente di Crudelia e anche stavolta la carta ce la fa.
Ora non mi resta che piangere. E invece no. La mia banca è differente: la mia banca mi telefona per dirmi che è possibile rateizzare il rimborso degli acquisti fatti durante il mese.
Io vorrei rispondere che se accetto è possibile che mio marito chieda il divorzio. Piuttosto una transazione negata. Rifiuto gentilmente, mentre una lacrima scende sulla carta di credito ormai prosciugata.
A fine mese mi sento come la piccola fiammiferaia, con la differenza che a me non resta neanche un fiammifero perché ho già bruciato tutto. Mi abbandono, quindi, con rassegnazione e passività agli eventi, considerandoli dettati da una volontà superiore e ineluttabile. Io e la mia carta sappiamo bene quello che ci aspetta: la clausura.
Una volta ho sognato che qualcuno me la rubava. Non denunciavo il furto alla polizia perché chiunque l’avesse tra le mani mi stava salvando: avrebbe comunque speso meno di me.
È stato solo un incubo per fortuna. Io non ho bisogno di essere salvata. E oggi che è il primo del mese, tutto ricomincia da capo. Veni, Vidi, VISA.

Illustrazione: Valeria Terranova