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25 Dic

Il pranzo di Natale è La Grande Sfida – senza Anthony Hopkins

crem's blog enrica alessi scrittrice

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L

e donne non scrivono la lettera a Babbo Natale perché – sotto, sotto – vogliono tutte la stessa cosa: non ingrassare per le feste. E per una cosa così non basta neanche Babbo Natale. Mancano tre giorni all’impatto. Stiamo per essere colpite da una meteora e continuiamo a comprare regali come se niente fosse, ignorando gli effetti devastanti che provocherà tale schianto. Ci aspettano almeno tre giorni di pranzi, cene, apericene, in cui viene servita la quantità di cibo che servirebbe a sfamare tutta la Sierra Leone e un pezzetto del Burundi. Scatta un lieve senso di colpa: scatta la dieta strong per limitare i danni. Minestrone, minestrone e ancora minestrone. Se la fame sopraggiunge, fatti una tisana.La fame è brutta, e a quel punto la Vigilia di Natale diventa più importante di qualsiasi cosa. E non perché si sta tutti in famiglia, ma perché se magna. In una calda cornice dipinta di rosso. #PerCarità 😅
La cena della vigilia è solo un timido spuntino rispetto a quello che ci aspetta. Il pranzo di Natale rappresenta il momento dello schianto della meteora sulla promessa che ci siamo fatte allo specchio due giorni fa. Recitando: “quest’anno prometto che non esagero. Quest’anno prometto che mi fermo prima del conato.”
Il pranzo della mamma non è un pranzo: è La Grande Sfida – senza Anthony Hopkins. Si comincia con un antipasto di terra, di mare, di monti e di Foresta Nera. Poi si passa ai primi, che sono sempre cinque o sei, poi arrivano i secondi e i contorni – e qui si perde il conto – e la frutta. Che dopo un pranzo così non ha senso.
Adesso si scaldano i motori, la libidine è pronta a decollare: i dolci. Tutti. Appena la mamma mette in tavola il panettone farcito, il cervello trasmette un messaggio allo stomaco: “ho capito che sei pieno, ma qui se ne fregano. Ci sentiamo mercoledì.”
E in automatico si innesca un reset. Ecco come si trova la forza di andare avanti, di spingersi oltre fino ad arrivare al pandoro, al panettone, al gianduia. A quel punto il corpo ruota in modo autonomo verso il divano, si alza con le sembianze di un boa constrictor e si tuffa aspettando che arrivino i soccorsi. Canarini, bombe di limone e bicarbonato, respirazioni bocca a bocca. Niente da fare: questa storia che ‘a Natale puoi’ ha preso il sopravvento.
Dal soffitto arriva una luce celeste, sembra quasi di speranza. Domani andrà meglio. E invece no: dove credi di andare? Sussurra Santo Stefano scuotendo la testa. Hai ragione, ci sei anche tu. Scusa. Lo stomaco – che nel frattempo ha assistito alla drammatica conversazione – va in coma. Stacca la spina. Ma chi se ne frega, mancano ancora tre giorni all’impatto, ci penseremo.
Buon Natale amiche mie!

Illustrazione: Valeria Terranova