L
a luce del sole che entra dalla finestra fa ai miei occhi lo stesso effetto di una serranda che si alza. Sono sdraiata a pancia in giù e la mia faccia sta sullo stesso cuscino, che ieri sera ho inondato di pianto.
Faccio scivolare il polso da sotto il guanciale e guardo che ore sono.
Le otto: Sofia.
Devo andare da Sofia.
Balzo giù dal letto e metto i piedi per terra: — forse un po’ troppo in fretta, forse un po’ troppo alla lettera — ed ecco la realtà.
La ragione scansa l’istinto materno con gentilezza, per ricordarmi che tra un’ora dovrei presenziare alla raccolta fondi — e mi servono due torte che attualmente non possiedo.
Solo Glenda può aiutarmi.
Io sono la...